Rome Life Forum 2018

 di don Angelo Citati

Organizzato dall’associazione Voice of the Family, si è tenuto a Roma lo scorso 17 e 18 maggio – in preparazione alla «Marcia per la vita» di sabato 19 – il «Rome Life Forum». Il convegno, dedicato alla difesa della famiglia tradizionale, ha avuto quest’anno come oggetto particolare il ruolo e i limiti della coscienza personale nella morale familiare.

 

Inaugurato nel 2014 e riservato finora ad un ristretto numero di specialisti, questanno, in occasione della sua quinta edizione, il convegno ha aperto le porte al grande pubblico. Quasi 200 persone – tra cui il cardinale Burke, mons. Schneider e mons. Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti – hanno potuto ascoltare nel corso dei due giorni le conferenze che si sono seguite, con un ritmo serrato, in uno degli auditorium dell’Angelicum.
 
«Se le autorità ecclesiastiche attuali professano delle posizioni già condannate dalla Chiesa, si è tenuti in coscienza a rifiutarle»
 
Dopo le prolusioni di John-Henry Westen, direttore del sito LifeSiteNews e moderatore della giornata, e del Rettore dell’Angelicum, padre Michal Palich, il convegno è iniziato il 17 maggio con un intervento di grande erudizione di padre Thomas Crean OP, professore di teologia formato all’Institut Catholique di Tolosa. Dopo aver rammentato la nozione tomista di coscienza e criticato le distorsioni che tale nozione ha subìto nella teologia contemporanea, il teologo domenicano – basandosi soprattutto sulla questione 88 della IIa IIæ della Somma teologica e sul trattato De veritate – ha cercato di immaginare cosa risponderebbe san Tommaso d’Aquino ad alcune obiezioni molto diffuse oggi, che tendono ad estendere indebitamente i casi in cui la coscienza è da considerarsi incolpevolmente erronea. Alcune di queste obiezioni il professore le ha tratte dalle recenti dichiarazioni di un arcivescovo americano; altre da un articolo della Revue thomiste. Alla domanda di uno dei presenti che gli chiedeva un’applicazione di tali princìpi alla situazione attuale, padre Palich ha aggiunto che se le autorità ecclesiastiche, attraverso organi magisteriali non infallibili, professano posizioni erronee e già condannate dalla Chiesa, un cattolico è tenuto in coscienza a rifiutarle, comme è il caso in Amoris lætitia.
 
«È impossibile accostarsi alla comunione se si vive nell’adulterio»
 
Isobel Camp, professoressa di Filosofia allAngelicum, ha poi parlato della crisi contemporanea della vera nozione di coscienza sulla scorta dellenciclica Veritatis splendor di papa Giovanni Paolo II. Alla luce dellinsegnamento papale, ha concluso la professoressa suscitando vivissimi applausi nelluditorio, è impossibile accostarsi alla comunione se si vive in stato di adulterio.
 
«Il comportamento dei Vescovi attuali è scandaloso»
 
È stato poi il turno di John Smeaton, rappresentante della Society for the Protection of Unborn Children, che ha ricordato in modo chiaro e incisivo le tappe principali della battaglia per la vita in Irlanda. In questo paese di inveterata tradizione cattolica, infatti, si sono tenuti già due referendum – nel 1992 e nel 2002 – che avevano per scopo l’approvazione di una legge che legalizzasse l’aborto, ma in entrambi i casi i propugnatori dell’aborto hanno subìto un’eclatante sconfitta. Il dott. Smeaton ha denunciato però il comportamento dei Vescovi in queste due circostanze, che non si è peritato di definire «scandaloso», poiché, a parte pochissime e lodevoli eccezioni, hanno tutti invitato i cattolici (pur lasciandoli liberi di agire «secondo la propria coscienza») a votare a favore della legge, sotto pretesto che essa avrebbe garantito un miglior controllo del fenomeno dell’aborto. Ha raccontato, poi, di aver contattato personalmente il cardinale Alfonso López Trujillo – all’epoca presidente del Consiglio pontificio per la famiglia – per protestare contro una simile presa di posizione, senza tuttavia riceverne risposta. Qualche anno dopo, però, ha avuto occasione di incontrarlo personalmente e di sentire da lui queste parole: «Lei aveva ragione, aveva perfettamente ragione. Ma se mi fossi espresso pubblicamente, come lei domandava, ci sarebbe stata una frattura enorme nella Chiesa». In conclusione, Smeaton ha invitato a pregare per il referendum del 25 maggio 2018, con il quale gli irlandesi sono stati chiamati ancora una volta a esprimersi sulla questione della legalizzazione dell’aborto. Infatti, ha spiegato, «se nel 2018 l’Irlanda – paese che tutti considerano cattolico – sfida la legge di Dio, ciò sarà percepito come una sconfitta di tutta la Chiesa cattolica, e la stessa cosa potrà verificarsi anche in altri paesi».
 
«Come ha potuto Giovanni XXIII manifestare tutto questo ottimismo?»
 
Dopo l’intervento di don Linus Clovis, cappellano dell’associazione Family Life International, sull’apparizione della Madonna delle Tre Fontane a Roma e sui suoi legami con le apparizioni di Fatima (riguardo alle quali ha detto che, a suo avviso, le attuali autorità ecclesiastiche sono troppo scettiche su questo argomento e, di conseguenza, trascurano troppo il messaggio di Fatima), il pomeriggio del 17 è stato caratterizzato dall’attesissima conferenza di mons. Athanasius Scheider, il quale, sulla scorta di numerosissime citazioni tratte dai Padri della Chiesa, da sant’Ignazio, da san Tommaso d’Aquino e dai Papi (soprattutto Leone XIII, san Pio X e Pio XII), ha spiegato che la vita cristiana su questa terra è una lotta, poiché la religione cattolica è l’unica vera, il che comporta come conseguenza una lotta contro i nemici della Chiesa. Il Vescovo ausiliare di Astana si è soffermato soprattutto sull’analisi della crisi di fede e di princìpi della società moderna delineata da san Pio X e, paragonandola alle parole di Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II, ha commentato: «Come ha potuto Giovanni XXIII manifestare tutto questo ottimismo, visto che la situazione ai suoi tempi era addirittura peggiorata rispetto ai tempi di san Pio X? Per me questo resterà sempre un mistero».
 
«Eccellenza, Santo Padre, io sono cattolico e sono pronto a morire per la mia fede. Lei è pronto a morire con me?»
 
Ma come applicare questa lotta alla situazione attuale? Come restare fedeli a Pietro, se Pietro stesso non è fedele a Cristo? In risposta a questa domanda, posta da uno degli astanti, mons. Schneider ha invitato a conservare uno sguardo soprannaturale sulla Chiesa e anche sul papato. Il Papa, ha spiegato, è senz’altro il Vicario di Cristo, ma la Chiesa non si riduce tutta al Papa. Anche lui è un battezzato e, sotto questo profilo, ha gli stessi doveri di tutti i battezzati: rinunciare a Satana e professare la fede. Quando non adempie – o adempie in modo infedele – al suo ruolo di successore di Pietro, se noi gli resistiamo, non siamo suoi nemici, ma piuttosto coloro che lo aiutano, proprio come i figli di un padre che avesse preso una cattiva strada lo aiuterebbero ad adempiere fedelmente al suo ruolo di padre. «Se i vostri pastori non vi confermano nella fede», ha concluso, «dite loro semplicemente: “Eccellenza, Santo Padre, io sono cattolico e sono pronto a morire per la mia fede. Lei è pronto a morire con me?”»
 
«L’obbedienza cattolica non è cieca»
 
Il mattino del 18 maggio è stato segnato da un magistrale intervento del professore Roberto de Mattei, che ha ricordato – basandosi sull’insegnamento di san Paolo, di san Tommaso d’Aquino e del Magistero costante della Chiesa – in cosa consiste la vera nozione cattolica dell’obbedienza nonché i suoi limiti. La liceità, in certi casi, della disobbedienza, lungi dal costituire un rifiuto dell’obbedienza dovuta alle legittime autorità, si fonda appunto sulla virtù di obbedienza intesa nel suo vero significato. Il professore ha citato anche diversi esempi tratti dalla storia della Chiesa, come quello della Vandea in Francia e dei Cristeros in Messico, ma anche la deposizione di re e imperatori infedeli da parte dei Papi (che li consideravano decaduti dalla loro autorità in ragione dell’uso illegittimo che ne facevano), come fece san Pio V con Elisabetta I in Inghilterra. «Se san Pio V avesse seguito i princìpi che Giovanni XXIII e Paolo VI hanno seguito nella loro Ostpolitik con l’Unione Sovietica», ha commentato, «avrebbe dovuto agire molto diversamente da come ha fatto: avrebbe dovuto attuare una analoga Westpolitik. Ma lui, invece, governava la Chiesa fondandosi davvero su princìpi soprannaturali».
 
 «Nessun sacerdote può essere legittimamente obbligato a celebrare la nuova Messa né impedito di celebrare quella antica»
 
Ma oggi, ha continuato il professore, viviamo un dramma ben più grande di quelli dei secoli passati, perché oggi gli ordini illeciti vengono spesso dai Vescovi e dal Papa stesso. Come si devono comportare i fedeli in una simile situazione? La risposta del professore è molto chiara: proprio come san Paolo resistette a san Pietro (che pure gli era gerarchicamente superiore), così anche noi abbiamo il dovere di resistere, anche pubblicamente, al successore di san Pietro. Il Concilio Vaticano II e il Postconcilio, ha spiegato, pongono ai cattolici dei seri problemi di coscienza. In tale contesto abbiamo il diritto e il dovere di attenerci a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato: «Nessun sacerdote», ha precisato, «può essere legittimamente obbligato a celebrare la nuova Messa né impedito di celebrare quella antica, proprio come nessuno può essere obbligato a piegarsi ad un compromesso con un regime comunista (ieri la Russia, oggi la Cina). Se, nel dire questo, ci accusano di essere scismatici, bisogna rispedire laccusa al mittente». Nelle risposte alle varie domande, il professore de Mattei ha infine esortato i cattolici a separarsi dai cattivi pastori, non frequentando più le parrocchie dove si insegnano false dottrine e andando alla ricerca di sacerdoti fedeli che trasmettano la dottrina di sempre.
 
«Il Concilio Vaticano II ci ha fatto constatare i limiti dell’autorità del Papa»
 
È stato allora il turno di Matthew McCusker, specializzato in storia della Chiesa, il quale ha illustrato, alla luce dell’insegnamento del cardinale Newman, i limiti dell’obbedienza all’autorità pontificia. «Ciò che nel XIX secolo era considerato dai Papi come un deliramentum», ha detto, «cioè la libertà di coscienza, è diventato oggi la normalità». Ha precisato anche che non si tratta in alcun modo di mettere in discussione il ruolo centrale del papato nella Chiesa, ma semplicemente di situarlo nel suo giusto contesto e nei suoi giusti limiti, che possiamo constatare specialmente a partire dal Concilio Vaticano II. E ha poi concluso citando la famosa massima del cardinale Newman: «Berrò alla salute del Papa, se volete – ma ancora prima a quella della coscienza e solo dopo a quella del Papa».
 
«Da cattolico romano mi sento tradito dai Vescovi che ci parlano di libertà religiosa, dai Papi che baciano il Corano...»
 
La testimonianza del professor Stéphane Mercier è stata una delle più toccanti. Mercier ha riportato la sua vicenda personale: professore di Filosofia, ancora fino ad un anno fa, all’Università cattolica di Lovanio, in Belgio, nonché in una scuola secondaria diretta da gesuiti, è stato rimosso dall’insegnamento dall’Università cattolica (sic!) di Lovanio nell’aprile 2017 per aver illustrato, nel suo corso semestrale di filosofia, gli argomenti filosofici che mostrano che ogni aborto è un omicidio. «Noi», sono state queste le dichiarazioni ai limiti del credibile del portavoce dell’Università, «non crediamo che si possa affermare che ogni aborto è un omicidio». I gesuiti, a loro volta, lo hanno licenziato dopo aver appreso che Mercier aveva firmato la Correctio filialis rivolta al Sommo Pontefice. «La misericordia, come sapete, costa cara», ha ironizzato il professore. E così, da poco sposato e tra poco padre di un figlio, Stéphane Mercier si ritrova oggi, nonostante i suoi numerosi titoli e la sua brillante carriera, senza lavoro per aver sostenuto che l’aborto è un crimine e che coloro che vivono in concubinato non hanno il diritto di ricevere la comunione. Ha poi attaccato i Vescovi – in particolare quelli della Conferenza Episcopale Belga – per aver appoggiato la decisione dell’Università: «I Vescovi attuali non hanno spina dorsale. Oggi non denunciare il male significa esserne complice. A noi non servono pastori codardi. A noi servono pastori pronti a lottare come Davide contro Golia. Ma dove sono i Davide? Sono troppo pochi! Da cattolico romano io mi sento tradito da tutti questi Vescovi che, dopo sessant’anni di secolarizzazione, ci parlano ancora di libertà religiosa, che appoggiano i movimenti LGBT... da questi Papi che proibiscono la Messa dei nostri avi, che baciano il Corano! Chi sono io per dirlo? Io sono uno dei piccoli di cui parla Gesù nel Vangelo, uno di quei piccoli scandalizzati dai pastori». A questo punto tutti i presenti si sono alzati in piedi e hanno manifestato il loro appoggio con una vera standing ovation.
 
«Amoris lætitia contiene espressioni che devono essere integrate, interpretate e anche corrette»
 
I lavori del pomeriggio sono stati aperti da un intervento di mons. Livio Melina, professore di Teologia morale e discepolo del cardinale Caffarra. Il professore ha stigmatizzato il «cambiamento di paradigma» in materia di morale propugnato dai progressisti, nonché quella che ha definito «l’ermeneutica del discernimento caso per caso» che si è diffusa a partire da Amoris lætitia per discreditare l’insegnamento dei Papi precedenti, poiché «Amoris lætitia costituisce un insegnamento parziale, che contiene espressioni che devono essere integrate, interpretate e anche corrette». «La via della casuistica intesa in questo modo, la via del “caso per caso”, è la via dei farisei», ha concluso: «Non è dunque di un cambiamento di paradigma che abbiamo bisogno, ma di una conversione dei cuori, affinché la nostra coscienza si apra alla verità e la realizzi nelle nostre azioni».
 
«La regalità sociale di Cristo è oggi più necessaria che mai. Il pluralismo religioso non appartiene al nostro Credo»
 
Il convegno si è chiuso con una conferenza del cardinale Raymond Leo Burke sulla «Regalità di Cristo attraverso il suo Sacro Cuore». Il Cardinale ha criticato un’idea erronea molto diffusa al giorno d’oggi: la coscienza, ha spiegato, non è formata dai desideri e dalle opinioni di ogni individuo, ma bensì dalla verità, che purifica i desideri e le opinioni di ogni individuo. «La regalità di Cristo non è soltanto per alcuni fedeli, ma per tutti, e neppure solo per i cattolici, ma per tutti gli uomini. Vi è un dovere sociale di professare la religione e un dovere morale nei confronti della vera religione». E questa verità, ha aggiunto, vale anche e perfino di più in una società pluralista, perché «la verità non è pluralista. La verità è unica. La regalità sociale di Cristo è oggi più necessaria che mai. Il pluralismo religioso non appartiene al nostro Credo».
 
«I giovani hanno bisogno della Messa tridentina»
 
Nel dibattito seguìto al suo intervento, il cardinale Burke ha espresso infine qualche considerazione sul prossimo Sinodo sui giovani: «Se non ci sarà una conversione dei cuori, è probabile che ci saranno nuovi problemi. E a giudicare dalla sua preparazione, vi è motivo di temere che sarà proprio così. Gli stessi giovani che hanno partecipato ai lavori preparatori hanno l’impressione di essere stati strumentalizzati con la diffusione di sondaggi secondo i quali avrebbero manifestato il bisogno di ulteriori cambiamenti nella dottrina morale della Chiesa. Ma sondaggi più veritieri rivelano che è di ben altre cose che hanno bisogno i giovani: per esempio, i giovani chiedono la Messa tridentina».
 
 
 

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