Al seguito di San Giuseppe per restaurare il regno di Cristo nella Chiesa, nella società, nella famiglia. Questo, in sintesi, il tema del pellegrinaggio Bevagna-Assisi che si è svolto dal 31 agosto al 1 settembre. La scelta non poteva essere più appropriata, visto che appena qualche mese fa, il 19 marzo, la Fraternità San Pio X si è specialmente consacrata allo Sposo di Maria.
Del resto, se tutti i Santi sono, per definizione, modelli da imitare, l’esempio di san Giuseppe, nell’attuale situazione, è particolarmente significativo. Figura discreta e nascosta, il padre putativo di Gesù non ha compiuto nessuna di quelle che, agli occhi degli uomini, passano per grandi imprese. Non ha trascinato le folle coi suoi discorsi. Non ha fatto parlare di sé per qualche evento straordinario. Non ha ricoperto alcuna carica importante. Chi ha avuto modo di visitare la santa casa di Loreto, può facilmente immaginare quanto povere fossero le condizioni della sua famiglia. Ma, dietro a tale modesta apparenza, quale fiorire di virtù, quale abbondanza di grazie!
San Giuseppe è la dimostrazione di come si può essere graditi a Dio, di come si può cooperare ai Suoi disegni (fino al punto di essere scelto come Suo padre putativo!), nel nascondimento della propria esistenza quotidiana, attraverso il fedele adempimento dei doveri del proprio stato. Le virtù caratteristiche di san Giuseppe sono virtù nascoste: obbedienza, umiltà, silenzio, sacrificio, abnegazione. Tutte cose che non solo il mondo d’oggi, ma talvolta anche noi cattolici, contagiati dalla smania di apparire, di agire ad ogni costo, tendiamo a svalutare. Eppure sono proprio queste che sono più gradite a Dio. Si legge spesso, negli scritti spirituali, che non conta ciò che si fa, ma piuttosto come si fa. Con questo, naturalmente, non si vuol negare il valore (o disvalore) intrinseco di un atto, ma sottolineare che il merito è proporzionale alla carità con cui si volge quell’atto. Anche l’atto più piccolo e insignificante, se fatto per Dio, con Dio e in Dio, ossia sotto l’influsso della grazia, riveste un valore immenso, incommensurabile, perché avvalorato dagli stessi meriti di Cristo. Né bisogna dimenticare che sono proprio queste grazie, connesse al grado di carità con cui agiamo, che rendono efficaci le nostre opere di apostolato, di difesa della vera fede, di opposizione agli errori moderni,. Nostro Signore lo afferma molto chiaramente nel Vangelo: Sine me nihil potestis facere. Senza di me non potete far nulla (Gv. 15, 5).
Nell’attuale contesto sociale, che si allontana sempre più rapidamente da Dio e dalla Sua legge, meditare queste verità è essenziale. Vi sono cattolici che, per varie ragioni, non possono combattere in prima linea la lotta per la fede. Vi sono battaglie che, almeno per il momento, sembrano destinate allo scacco. Bisogna dunque pensare che chi conduce un’esistenza più discreta e ritirata abbia meno valore? O che qualunque azione non destinata al successo immediato sia inutile? L’esempio di san Giuseppe ci dimostra piuttosto il contrario. Per chi si trova unito a Dio, nessuna buona azione è senza frutto, per quanto modesta e nascosta essa sia. Il padre di famiglia nella sua professione, la madre nei suoi lavori domestici, il figlio nei suoi doveri quotidiani di studio o di altro genere, tutti costoro, se agiscono per amore di Dio, combattono la buona battaglia tanto quanto il teologo impegnato nel difendere pubblicamente le verità della fede o dell’attivista che si batte contro le leggi inique. Anzi, è proprio attraverso le grazie ottenute dai fedeli che conducono una vita apparentemente insignificante, ma in realtà ricca di virtù, che si riescono a vincere le grandi battaglie, perché, come afferma l’Apostolo, arma nostrae militiae non carnalia sunt, le armi della nostra milizia non sono armi materiali (2 Cor. 10, 4).
Dopo esserci soffermati alquanto sul tema, facciamo un po’ di cronaca. I partecipanti al pellegrinaggio si sono dati appuntamento a Bevagna nella mattinata del 31 agosto. Fin da subito si è constatato che il loro numero era visibilmente maggiore rispetto all’anno precedente. Il novello sacerdote don Gabriele D’Avino, ordinato ad Ecône nel giugno scorso, ha celebrato la santa Messa in una bella chiesa del Paese, un tempo appartenuta ai Francescani. Successivamente ci si è messi in marcia alla volta di Montefalco, che è stata raggiunta verso l’ora di pranzo. Prima di rifocillarsi da questa prima fatica, i pellegrini hanno visitato la chiesa dove si trova il corpo di santa Chiara da Montefalco, monaca agostiniana del XIII secolo che, per il tipo di vita che ha condotto, si armonizza mirabilmente con la figura di san Giuseppe. Anch’essa, infatti, ha trascorso la propria esistenza nel nascondimento della clausura e nell’esercizio delle virtù nascoste; ma, nonostante questo, anzi, proprio per questo, ha avuto una grandissima influenza sulla vita religiosa del suo tempo, tanto che dotti e potenti si recavano di continuo a visitarla per chiederne il consiglio. Ripresa la marcia, verso la fine del pomeriggio si è giunti a Foligno.
Analoghe considerazioni si possono fare a proposito della più notevole personalità religiosa di questa città, la beata Angela, vissuta anch’essa nel XIII secolo e anch’essa esempio lampante di come l’esercizio della virtù, per quanto non appariscente, abbia il potere di cambiare il corso della storia. Il giorno dopo, il pellegrinaggio è ripreso di buon mattino alla volta di Spello. Qui, in una bella chiesa di origine medievale, il Superiore di Distretto, don Pierpaolo Petrucci, ha celebrato la santa Messa solenne, accompagnata da canti gregoriani e polifonici. Nell’omelia, si è ricordato il valore esemplare di san Giuseppe per tutti i membri della famiglia cristiana, sottolineandone in particolare la fede ferma ed intrepida. Innumerevoli sono le insidie che oggi mettono in pericolo questa virtù. Tra di esse, particolare rilievo assume la scuola pubblica che, sia a causa dell’insegnamento che dell’ambiente morale, finisce in moltissimi casi per vanificare la sana educazione ricevuta in famiglia. Di qui il dovere per le famiglie cristiane di prodigare ogni sforzo per dar vita ad una scuola veramente cattolica, che ancora manca in Italia. D’altra parte, non solo nell’ambito della scuola, ma in qualunque altro ambito, il padre e la madre di famiglia, sulla scorta di San Giuseppe, sono chiamati, ciascuno nel proprio ruolo, a difendere la fede dei loro congiunti.
Ripresa la strada al termine della funzione, ecco finalmente profilarsi le case e le chiese di Assisi. Al canto di Noi vogliam Dio i pellegrini hanno fatto il loro ingresso in città e hanno raggiunto la basilica di san Francesco. Qui, sulla tomba del Poverello, altro Santo dalle virtù nascoste, che col suo «farsi pusillo» (Dante, Par., XI, 111) riformò la Chiesa e diede un nuovo volto alla sua epoca, si è concluso il nostro percorso, a gloria di Dio, della santa Vergine e dei Santi. Ci auguriamo che l’anno prossimo un numero ancor maggiore di cattolici fedeli alla santa Tradizione della Chiesa si unisca a questa splendida manifestazione di penitenza, di pietà, di fede.