mons. lefebvre e don Emanuele du ChalardItinerario Spirituale.

Seguendo San Tommaso d'Aquino nella sua Somma teologica.

brani scelti

 

Capitolo I - Esistenza di Dio -

La fede, che è la scienza più sicura, alla quale facciamo riferimento, ci insegna l’esistenza di Dio: «Credo in unum Deum Patrem omnipotentem, creatorem cœli et terræ, visibilium et invisibilium»[1].

La fede ci insegna che Egli è spirito: «Deus spiritus est» (Gv. 4,24): è Nostro Signore che lo insegna alla Samaritana. È quindi uno Spirito onnipotente che ha creato ogni cosa.

Ci fu perciò un momento in cui il mondo non esisteva, in cui Dio solo esisteva dall’eternità, nella sua santità e felicità perfette e infinite, senza nessun bisogno di creare. Nostro Signore all’inizio della sua preghiera sacerdotale vi fa allusione: «Ed ora, o Padre, glorificami con la gloria che avevo presso di Te prima che il mondo fosse» (Gv. 17,5).

La fede ci insegna che la ragione può e deve pervenire alla conclusione della esistenza di Dio, e San Paolo nella sua prima epistola (Rom. 1,18 e seg.) rimprovera con veemenza agli uomini di non aver conosciuto il vero Dio che si manifesta mediante le sue opere. In effetti tutto quello che esiste, tutto quello che siamo, proclama l’esistenza di Dio e canta le sue perfezioni divine. Tutto l’Antico Testamento, e specialmente i Salmi e i Libri sapienziali, cantano la gloria del Creatore. Perciò nella preghiera liturgica e sacerdotale i Salmi hanno un posto di primo piano.

È bene meditare sulla creazione, «ex nihilo sui et subjecti», fatta dal nulla, per semplice volontà del Creatore: «qui putat se esse aliquid, cum nihil sit, ipse se seducit – chi crede di essere qualcosa, pur essendo un niente, si inganna da se stesso, si illude– (Gal. 6,3). Più si penetra in questa realtà, più si è stupefatti della onnipotenza di Dio e del nostro nulla, della necessità per ogni creatura di essere costantemente mantenuta nell’esistenza, pena la sparizione, il suo ritorno al nulla. Ed è proprio quel che ci insegnano sia la fede che la filosofia. Questa sola riflessione e questa sola constatazione dovrebbero gettarci nell’umiltà e nell’adorazione profonda e dovrebbero mettere in questo nostro atteggiamento un’immutabilità simile all’immutabilità stessa di Dio. Noi dovremmo essere ripieni d’una fiducia senza limiti verso Colui che è il nostro Tutto e che ha deciso di crearci e di salvarci. Con quale devozione e sincerità dovremmo tutte le mattine, all’inizio del Mattutino, recitare il Salmo 94: «Venite exsultemus... Venite adoremus... quoniam ipsius est mare et ipse fecit illud et aridam fundaverunt manus ejus, venite adoremus et procidamus ante Deum, ploremus coram Domino, qui fecit nos, quia ipse est Dominus Deus noster, nos autem populus ejus et oves pascuæ ejus»[2].

Come non rendere grazie alla Chiesa che mette queste parole sulle nostre labbra per esprimere i più profondi sentimenti delle nostre anime di creature?

Se la creazione è un grande mistero, è perché Dio è per noi il grande Mistero e lo resterà eternamente anche nella visione beatifica. «Nemo Deum vidit unquam, nisi qui ex Deo est – Nessuno ha visto mai Dio, se non colui che è da Dio» (Gv. 6,46), solo il Verbo e lo Spirito Santo vedono Dio, essendo da Dio e un solo Dio con il Padre.

Sfiorare gli attributi e le perfezioni di Dio, realtà spirituale che abbraccia tutto, che vivifica tutto, che mantiene tutto nell’esistenza, non potrà che aumentare il Mistero divino, per la nostra più grande soddisfazione, edificazione e santificazione. San Tommaso dice: «Più perfettamente conosceremo Dio quaggiù, meglio comprenderemo che Egli supera tutto ciò che l’intelligenza comprende» (IIa IIae q.8, a.7).

Poiché la fede viene in aiuto della ragione per convincerci della esistenza di Dio e ci apre orizzonti meravigliosi sull’intimità di Dio attraverso la Rivelazione e soprattutto l’Incarnazione del Verbo divino, occorre che noi la interroghiamo per sapere se si può dare a Dio un nome che sia proprio di Dio e che ci aiuti a conoscerLo meglio. Ora è precisamente questo che Dio ha fatto, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Ecco le parole di Dio a Mosè: «Dirò loro: il Dio dei vostri padri mi manda a voi. Se mi domandano qual è il Suo nome, che risponderò loro? E Dio disse a Mosè: “Io sono Colui che sono”. E aggiunse: “È cosi che tu risponderai ai figli d’Israele: Colui che è mi manda a voi”»" (Es. 3,13-14); e Nostro Signore si esprime allo stesso modo di fronte ai giudei che Gli dicono: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo? Gesù rispose loro: In verità, in verità Io vi dico, Io sono da prima che Abramo fosse» (Gv. 8,57-58).

Non si ammireranno mai abbastanza queste risposte luminose, che del resto corrispondono alle conclusioni della nostra ragione. «Deus est», Dio è; Egli è «ens a se», l’essere per se stesso, tutti gli altri esseri sono «ab alio», non hanno la loro ragione di essere da se stessi.

Queste affermazioni semplici sono una sorgente inesauribile di meditazione e di santificazione. Sia che gettiamo su Dio uno sguardo che si perde nell’infinito, sia che constatiamo i rapporti della creatura con il Creatore o guardiamo il nulla della creatura, noi siamo di fronte a quello che c’è di più vero, di più profondo e di più misterioso in Dio e in noi.

 

 

 

 

 

[1] Credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, delle cose visibili ed invisibili.

[2] Venite esultiamo... Venite adoriamo... poiché il mare è suo, e proprio Lui lo ha fatto e le sue mani hanno posto le fondamenta dell’arida terra; venite, adoriamo e prostriamoci davanti a Dio, piangiamo davanti a Dio che ci ha fatto, poiché Lui è il Signore Dio nostro e noi siamo il suo popolo e il gregge del suo pascolo.

 


 


 

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