dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

Parte Quarta - Una rivoluzione in tiara e piviale.

Capitolo XXIV - Il brigantaggio del Vaticano II

 

È interessante trovare un precedente al concilio Vaticano II, almeno per quel che riguarda i metodi che vi furono utilizzati dall’attiva minoranza liberale che divenne rapidamente maggioranza. A tal proposito va citato il concilio generale di Efeso (449), e col nome che gli diede in seguito Papa Leone I: il «brigantaggio di Efeso». Fu presieduto da un Vescovo ambizioso e senza scrupoli: Dioscuro, che con l’aiuto dei suoi monaci e dei soldati imperiali, esercitò una pressione inaudita sui Padri del concilio. Venne rifiutata ai legati del papa la presidenza ch’essi reclamavano; le lettere pontificie non furono lette. Questo concilio, che non fu ecumenico per tale ragione, giunse a dichiarare ortodosso l’eretico Eutiche, che sosteneva l’errore del monofisismo (una sola natura nel Cristo).

Anche il Vaticano II fu un brigantaggio, con la sola differenza che i Papi (Giovanni XXIII, Paolo VI), pur presenti, non opposero resistenza, o quasi, al colpo di mano dei liberali e anzi favorirono le loro imprese. Come fu possibile? Dichiarando questo concilio «pastorale» e non dogmatico, ponendo l’accento sull’aggiornamento e l’ecumenismo, questi papi privarono immediatamente il concilio e se stessi dell’intervento del carisma d’infallibilità che li avrebbe preservati da ogni errore.

Durante questa conversazione, vi racconterò tre delle manovre del clan liberale al concilio Vaticano II.

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Colpo di mano sulle commissioni conciliari

Il «Pèlerin magazine» del 22 novembre 1985 riportava alcune confidenze molto istruttive del Cardinale Liénart ad un giornalista, Claude Beaufort, nel 1972, sulla prima congregazione generale del Concilio. Vi leggo in extenso questo articolo, dal titolo Le Cardinal Liénart: «le Concile, l’apothéose de ma vie». Mi contenterò di aggiungervi le mie osservazioni (181).

«13 ottobre 1962: il concilio Vaticano II tiene la sua prima seduta di lavoro. L’ordine del giorno prevede che l’Assemblea designi i membri delle Commissioni specializzate chiamate ad aiutarlo nel suo compito. Ma i 2300 Padri, riuniti nell’immensa navata di San Pietro, si conoscono a stento. Possono, di primo acchito, eleggere squadre competenti? La Curia aggira la difficoltà: con le schede di voto vengono distribuite le liste delle vecchie commissioni preparatorie, costituite dalla Curia. L’invito a rinnovare le stesse squadre è chiaro …».

Cosa c’era di più normale che tornare ad eleggere alle commissioni conciliari coloro che, per tre anni, avevano preparato in seno a commissioni preparatorie dei testi irreprensibili? Ma evidentemente questa proposta non poteva piacere agli innovatori.

«Entrando nella basilica, il Cardinale Liénart è stato informato di questa procedura molto ambigua da Cardinale Lefebvre (182), l’Arcivescovo di Bourges. Entrambi conoscevano la notevole timidezza delle commissioni preconciliari, la loro inclinazione di spirito molto romana e poco in sintonia con la sensibilità della Chiesa universale. Temono che le medesime cause producano i medesimi effetti. Il Vescovo di Lille siede al Consiglio di presidenza del Concilio. Questa posizione, ritiene il suo interlocutore, gli consente di intervenire, di ostacolare la manovra, di esigere il lasso di tempo necessario affinché le conferenze episcopali possano proporre candidature rappresentative».

Dunque i liberali temono i teologi e gli schemi «romani». Per ottenere commissioni dalla sensibilità liberale, chiamiamole col loro nome, occorre preparare nuove liste che comprenderanno membri della mafia liberale mondiale: un po’ di organizzazione, un intervento immediato innanzitutto, e ci riusciranno.

«Aiutato da Monsignor Garrone, il Cardinale Lefebvre ha preparato un testo in latino. Lo fa scivolare al Cardinale Liénart».

Ecco già un testo bell’e preparato dal Cardinale Lefebvre, Arcivescovo di Bourges. Non c’è stata dunque improvvisazione, ma premeditazione, diciamo, preparazione, organizzazione tra Cardinali di sensibilità liberale.

«Dieci anni dopo, quest’ultimo (il Cardinale Liénart) si ricordava del suo stato d’animo, quel giorno, nei termini seguenti:

«Ero alle strette. O, convinto che ciò non fosse ragionevole, non dicevo nulla e mancavo al mio dovere. Oppure parlavo. Noi non potevamo dimetterci dalla nostra funzione che era quella di eleggere. Allora ho preso il mio foglio. Mi sono volto verso il Cardinale Tisserant, che era al mio fianco e presiedeva, e gli ho detto: “Eminenza, non si può votare. Non è ragionevole, noi non ci conosciamo. Vi chiedo la parola”. Egli mi rispose: “È impossibile. L’ordine del giorno non prevede alcun dibattito. Siamo riuniti semplicemente per votare. Non posso darvi la parola”. Gli ho detto: “Allora me la prenderò”. Mi sono alzato, e tremando ho letto il mio foglio. Immediatamente mi sono reso conto che il mio intervento rispondeva all’angoscia di tutto l’uditorio. Hanno applaudito. Poi il Cardinale Frings, che era un po’ più lontano, si è alzato e ha detto la stessa cosa. Gli applausi si sono raddoppiati. Il Cardinale Tisserant ha proposto di togliere la seduta e di rendere conto al Santo Padre. Il tutto era durato appena venti minuti. I Padri sono usciti dalla basilica, cosa che ha dato l’allarme ai giornalisti. Ci hanno costruito un romanzo: “I Vescovi francesi in rivolta al Concilio”, ecc. Non era una rivolta, era una saggia riflessione. Dato il mio rango e le circostanze ero obbligato a parlare, oppure mi dimettevo. Perché nel mio intimo sarebbe stata una dimissione».

Uscendo dall’aula conciliare, un Vescovo olandese esprimeva senza giri di parole il suo pensiero e quello dei Vescovi liberali, francesi e tedeschi, lanciando ad un suo amico sacerdote che si trovava a poca distanza: «La nostra prima vittoria!» (183).

 

L’I.D.O.C. o l’intossicazione

Uno dei più efficaci mezzi di pressione sul Concilio da parte del clan liberale fu l’IDOC, istituto di documentazione … al servizio dei prodotti dell’intellighenzia liberale, che inondò i Padri conciliari di testi innumerevoli. Lo stesso IDOC dichiarò di aver distribuito, fino alla fine della terza sessione conciliare, più di quattro milioni di fogli! L’organizzazione e i prodotti dell’IDOC erano di competenza della conferenza episcopale olandese, il finanziamento era assicurato in parte da padre Werenfried (ahimè) e dal Cardinale Cushing, Arcivescovo di Boston negli Stati Uniti. La segreteria, enorme, si trovava in via dell’Amina a Roma.

Dal canto nostro, noi Vescovi conservatori avevamo certo tentato di controbilanciare questa influenza, grazie al Cardinale Larraona, che mise a nostra disposizione la sua segreteria. Avevamo macchine da scrivere e ciclostili e alcune persone, tre o quattro. Fummo parecchio attivi, ma era una cosa insignificante rispetto all’organizzazione dell’IDOC! Dei brasiliani, membri della T.F.P., ci hanno aiutato con una dedizione inaudita, ciclostilando di notte i lavori che noi avevamo redatto in cinque o sei Vescovi, cioè il comitato direttivo del Cœtus Internationalis Patrum che io avevo fondato con Monsignor Carli, Vescovo di Segni e Monsignor de Proença Sigaud, Arcivescovo di Diamantina, in Brasile. 250 Vescovi erano affiliati alla nostra organizzazione (184). Era col reverendo V. A. Berto, mio teologo particolare, con i Vescovi menzionati e altri, come Monsignor de Castro Mayer e alcuni Vescovi spagnoli, che redigevamo questi testi, che venivano ciclostilati di notte; e di buon mattino quei pochi amici brasiliani partivano in macchina per distribuire i nostri fogli negli alberghi, nelle buche delle lettere dei Padri conciliari, come faceva l’IDOC con un’organizzazione venti volte superiore alla nostra.

L’IDOC, e molte altre organizzazioni e riunioni di liberali, sono la prova del fatto che ci fu un complotto in questo Concilio, complotto preparato in anticipo, da anni. Sapevano quel che bisognava fare, come farlo, chi lo avrebbe fatto. E disgraziatamente questo complotto è riuscito, il Concilio è stato in gran maggioranza intossicato dalla forza della propaganda liberale.

 

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181) «Le Figaro» del 9 dicembre 1976 ha pubblicato degli estratti di un «Giornale del Concilio» redatto dal Cardinale Liénart. Michel Martin commenta questi estratti nel suo articolo L’ardoise refilée, nel n. 165 del «Courrier de Rome» (gennaio 1977).

182) Da non confondere con suo cugino Marcel Lefebvre!

183) Cfr. Ralph Wiltgen, Le Rhin se jette dans le Tibre, l’alliance européenne, pp. 16-17.

184) Cfr. Wiltgen, op. cit. p. 147.

 

 

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