dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

Prima Parte - Il Liberalismo. Principi ed applicazioni.

Capitolo II - L’ordine naturale e il liberalismo - seguito -

 [ «Il liberale è un fanatico d’indipendenza, la esalta fino all’assurdo, in ogni ambito». […] 1) L’indipendenza del vero e del bene nei confronti dell’essere […] ]

 

 2) «L’indipendenza della volontà nei confronti dell’intelligenza: forza arbitraria e cieca, la volontà non deve affatto curarsi dei giudizi della ragione, essa crea il bene come la ragione fa il vero».

 In una parola, è l’arbitrio: «sic volo, sic jubeo, sic pro ratione voluntas

 3) «L’indipendenza della coscienza nei confronti della regola oggettiva, della legge; la coscienza si erge essa stessa a regola suprema della moralità».

 La legge, secondo il liberale, limita la libertà e gli impone una costrizione prima morale, l’obbligo, e poi fisica, la sanzione.

 La legge e le sue costrizioni vanno contro la dignità umana e la coscienza. Il liberale confonde libertà e licenza.

 Nostro Signore Gesù Cristo è la legge vivente, in quanto è il Verbo di Dio; si misura quindi ancora una volta quanto sia profonda l’opposizione del liberale a Nostro Signore.

 4) «L’indipendenza della forza anarchica del sentimento nei confronti della ragione: è uno dei caratteri del romanticismo, nemico del primato della ragione».

 Il romantico si compiace di sbandierare gli slogan; egli condanna la violenza, la superstizione, il fanatismo, l’integralismo, il razzismo, per quel che queste parole evocano all’immaginazione e alle passioni umane, e nello stesso spirito si fa apostolo della pace, della libertà, della tolleranza, del pluralismo.

 5) «L’indipendenza del corpo nei confronti dell’anima, dell’animalità nei confronti della ragione costituisce il radicale capovolgimento dei valori umani».

 Si esalterà la sessualità, la si renderà sacra; si capovolgeranno i due fini del matrimonio (procreazione ed educazione da un lato, soccorso alla concupiscenza dall’altro), assegnandogli come fine primario il piacere carnale e «il rigoglio dei due coniugi» o dei due «partner».

 Ciò costituirà la distruzione del matrimonio e della famiglia; senza parlare delle aberrazioni che trasformano il santuario del matrimonio in un laboratorio biologico e che riducono il bambino non ancora nato ad un fruttuoso materiale di cosmetica (10).

 6) «L’indipendenza del presente nei confronti del passato, donde il disprezzo per la tradizione, l’amore morboso per il nuovo col pretesto del progresso».

 È una delle cause che san Pio X ascrive al modernismo: «Le cause remote Ci sembra possano ridursi a due: la curiosità e l’orgoglio.

 La curiosità, da sola, se non è saggiamente regolata, basta a spiegare tutti gli errori. È l’opinione del nostro predecessore Gregorio XVI, che scriveva: è uno spettacolo pietoso vedere fin dove giungono le divagazioni della ragione umana quando si cede allo spirito di novità» (11).

  7) «L’indipendenza dell’individuo nei confronti di ogni società», di ogni autorità e gerarchia naturale: indipendenza dei figli nei confronti dei genitori, della donna nei riguardi del marito (liberazione della donna); dell’operaio nei confrontii del suo padrone; della classe operaia  nei confronti della classe borghese (lotta di classe).

Il liberalismo politico e sociale è il regno dell’individualismo.

 L’unità di base del liberalismo è l’individuo (12). L’individuo è considerato un soggetto assoluto di diritti (i «diritti dell’uomo»), senza prendere in considerazione i doveri che lo legano al suo Creatore, ai suoi superiori o ai suoi simili, né soprattutto i diritti di Dio.

 Il liberalismo fa scomparire tutte le gerarchie sociali naturali; ma facendo questo lascia alla fine l’individuo solo e senza difese dinanzi alla massa, della quale egli non è che un elemento intercambiabile, e che lo assorbe totalmente.

 La dottrina sociale della Chiesa, al contrario, afferma che la società non è una massa informe di individui (13), ma un organismo ordinato di gruppi sociali coordinati e gerarchizzati: la famiglia, le imprese e i mestieri, poi le corporazioni professionali, infine lo Stato.

 Le corporazioni uniscono padroni ed operai che lavorano nello stesso ambito per la difesa e la promozione dei loro interessi comuni. Le classi non sono antagoniste, ma naturalmente complementari (14).

 La legge Le Chapelier (14 giugno 1791), vietando le associazioni, uccise le corporazioni che erano state lo strumento della pace sociale sin dal Medioevo; questa legge era il frutto dell’individualismo liberale, ma invece di «liberare» gli operai, li schiacciò.

 E quando, nel XIX secolo, il capitale della borghesia liberale ebbe schiacciato la massa informe degli operai divenuta proletariato, si pensò, per iniziativa dei socialisti, di raggruppare gli operai in sindacati; ma i sindacati non fecero che aggravare la guerra sociale diffondendo su tutta la società l’artificiosa opposizione fra capitale e proletariato.

 Si sa che questa opposizione o «lotta di classe», fu all’origine della teoria marxista del materialismo dialettico: il che dimostra che un falso problema sociale ha creato un sistema falso: il comunismo (15).

 E adesso, dopo Lenin, la lotta di classe è diventata, per mezzo della prassi comunista, l’arma privilegiata della rivoluzione comunista (16).

 Rammentiamo dunque questa verità storica e filosofica incontestabile: il liberalismo conduce per sua inclinazione naturale al totalitarismo e alla rivoluzione comunista. Si può dire che esso è l’anima di tutte le rivoluzioni moderne e semplicemente della Rivoluzione.

 

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10) Cfr. «Fideliter», n. 47.

11) Enciclica Pascendi, dell’8 settembre 1907.

12) Daniel Raffard de Brienne, Le deuxième étendard, p. 25.

13) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio di Natale al mondo intero, 24 dicembre 1944.

14) Cfr. Leone XIII, Enciclica Rerum novarum, del 15 maggio 1891.

15) Cfr. Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris, del 19 marzo 1937, § 15.

16) Ibid. § 9.

 

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