Come ben sappiamo, Dio nell’affidarci i figli, ci affida anche l’importante compito di istruirli e di educarli nella dottrina cristiana; si tratta dunque di preoccuparsi non solo della loro vita materiale ma anche e soprattutto di quella spirituale. Quanta più premura abbiamo nel procurare loro cibo, medicine, vestiti, tanto più maggiormente dobbiamo essere attenti nella cura della loro anima.

Questo perché, lo sappiamo benissimo, siamo fatti di un’anima e di un corpo e quest’ultimo deve essere sottomesso all’anima che guida e regola i nostri comportamenti alla luce di un bene maggiore il quale oltrepassa la mera soddisfazione di bisogni materiali. In linea teorica siamo tutti d’accordo su questi punti, ma nella pratica come ci comportiamo nell’applicare questi principi? Riflettiamoci bene, perché a volte le eccessive premure materiali potrebbero togliere spazio e tempo prezioso alle cure spirituali. Per cure spirituali si intende educare i propri figli innanzitutto all’obbedienza, che è la virtù per eccellenza dei santi bambini, al senso del dovere, alla costruzione di una volontà forte, all’onestà. Ora riflettiamo sul fatto che i genitori, pur essendo i principali autori di questo importante compito di educare i figli, tuttavia non sono gli unici.

Come afferma Pio XI nell’enciclica Divini illius Magistri L'educazione è opera necessariamente sociale, non solitaria. Ora tre sono le società necessarie, distinte e pur armonicamente congiunte da Dio, in seno alle quali nasce l'uomo; due società di ordine naturale, quali sono la famiglia e la società civile; la terza, la Chiesa, di ordine soprannaturale” (…) “Nondimeno la famiglia è società imperfetta, perché non ha in sé tutti i mezzi per il proprio perfezionamento, laddove la società civile è società perfetta, avendo in sé tutti i mezzi necessari al fine; onde, per questo rispetto, cioè in ordine al bene comune, essa ha preminenza sulla famiglia, la quale raggiunge appunto nella società civile la sua conveniente perfezione temporale. La terza società, nella quale l'uomo nasce, mediante il Battesimo, alla vita divina della Grazia, è la Chiesa, società di ordine soprannaturale e universale, società perfetta, perché ha in sé tutti i mezzi ordinati al suo fine, che è la salvezza eterna degli uomini, e pertanto suprema nel suo ordine ”.

È principalmente alla scuola che viene delegato l’importante compito di formazione che svolge con non poca influenza accanto all’opera educativa dei genitori. Pensiamo alle ore che i bambini passano fra le mura scolastiche, pensiamo alla pluralità di persone che gli sono accanto, compagni, insegnanti, operatori scolastici che per buona parte della giornata (dalle 5 alle 8 ore al giorno) entrano in contatto con la vita materiale e spirituale dei bambini. La consapevolezza di questo e di quanto detto prima impone che la scelta di affidare parte dell’educazione dei nostri figli ad altri sia fatta con la massima cura, assicurandoci che ci sia la più stretta corrispondenza fra la legge morale che sappiamo esserci data da Dio e la realtà educativa alla quale deleghiamo la nostra autorità per la formazione della nostra progenie.

La scuola pubblica è (e oggi praticamente anche la maggior parte delle scuole private) è fondata sul principio dell’indifferentismo religioso. Sin da piccolo il bambino passa la maggior parte del suo tempo in un ambiente che gli insinua il principio che non esista una vera religione, che tutte siano uguali e che quindi non esista un’unica Verità in cui credere. Infatti, che bisogno c’è di credere se tutte le religioni sono sullo stesso piano? Basta sceglierne una, tanto una vale l’altra.

Il relativismo, è questa la nuova “religione” che il mondo vuole incensare e alla quale tutti devono uniformarsi, sin da piccolissimi! E quale miglior luogo se non la scuola per infondere questa cultura, questa mentalità relativista che si insinua anche nelle cose apparentemente più innocue, ma che contribuisce a creare una vera e propria forma mentis alla luce della quale agiamo, spesso inconsapevolmente. Ecco il vero problema, ecco ciò che sfugge al controllo di tanti genitori che cercano alla meglio di dare un’educazione cristiana ai propri figli.

Non si tratta solo del pericolo che i figli imparino una versione distorta della storia o che al liceo si imbattano nelle teorie di Freud. Il problema è più profondo, come abbiamo visto, il vero compito è far capire ai nostri figli che questa cultura relativista, che non vuole ammettere l’esistenza di una, unica Verità, non porta proprio da nessuna parte. I bambini sono alla costante ricerca di cosa è giusto e cosa è sbagliato, di cosa è vero e cosa non lo è, hanno bisogno di capire e di trovare risposte rassicuranti, lo dimostra la classica fase dei perché che tutti i bambini attraversano. E chiedono agli adulti di dar loro queste risposte. E cosa fanno invece gli adulti? Declinano questo compito rispondendo che tutto è uguale, che l’importante è come uno la pensa e via dicendo… Ma un genitore che si rende conto di tutto questo come riesce ad educare cristianamente il proprio figlio già influenzato, pur non volendo, da questa cultura?

Si potrebbe rispondere che a casa si fa tutto il possibile per contrastare i principi diseducativi che si imparano a scuola. Benissimo. E allora come si può conciliare tutto questo con la coerenza educativa, quell’elemento fondamentale in base al quale il bambino riconosce che deve obbedienza e rispetto alle figure di riferimento? Quando queste si contraddicono, immaginate quanto grande è lo sforzo che chiediamo ai nostri figli di ascoltare, imparare e ripetere cose che già sanno in partenza essere false. Qui non si tratta di un adulto che, avendo già formato la propria mente alla luce della Verità divina, è capace di ascoltare senza lasciarsi influenzare da false teorie. Qui si tratta invece di bambini, di giovani che stanno faticosamente costruendo la loro identità, la loro volontà, la loro mente. E pretendiamo che essi attraversino questa fase di sviluppo fisico-psichico, già delicata di per sé, immergendoli in una gran confusione, invece di dare loro luce e chiarezza li graviamo dell’ulteriore sforzo di sopravvivere in un ambiente apertamente ostile.

Non si potrebbero trovare parole migliori che quelle di Pio XI nel descrivere l’importante compito che la Chiesa svolge nell’educazione dei fanciulli: “Ed anche questa vigilanza della Chiesa, come non può creare nessun vero inconveniente, così non può non recare efficace giovamento all'ordine, al benessere delle famiglie e della società civile, tenendo lontano dalla gioventù quel veleno morale, che in quell'età inesperta e volubile suole avere più facile presa e più rapida estensione” (dall’Enciclica Divini illius Magistri).

Non possiamo permettere che i nostri figli siano così facilmente esposti all’opera di veri e propri corruttori, ricordiamoci le durissime parole che Nostro Signore riserva per chi scandalizza i più piccoli: “sarebbe meglio per lui che fosse gettato in mare con una grossa pietra al collo” (Lc 17, 1-2).

Di conseguenza è nostro dovere non solo pregare per avere delle vere scuole cattoliche a cui affidare senza timori i nostri figli, ma anche adoperarsi con tutti i mezzi materiali e spirituali affinché  questa grande opera educativa che avevano a cuore tanti grandi santi come Don Bosco e San Filippo Neri possa divenire una concreta realtà, e non solo un ideale destinato a rimanere nelle nostre menti. Questi grandi santi con l’aiuto di Dio hanno pregato e lavorato.  Pregato e lavorato per portare avanti la missione che il Signore aveva loro affidato.

Dice un vecchio e saggio proverbio: “Chiedi al Signore aiuto, ma non startene seduto”.

E’ umanamente comprensibile che mandare i propri figli in una vera scuola cattolica possa comportare non pochi sacrifici, sia dal punto di vista economico che logistico. Ma, pensiamoci bene, per cos’altro vale la pena fare dei sacrifici se non per l’educazione cristiana dei propri figli? Una casa, una vacanza, un’automobile? Niente di tutto ciò può essere minimamente comparato al bene dell’anima di coloro che a noi sono stati affidati direttamente da Dio. Se neghiamo loro i mezzi e le grazie derivanti da una più completa formazione cristiana, neghiamo loro un pozzo a cui attingere, una casa a cui ritornare, una coscienza sempre viva che sarà continuamente presente anche nei momenti più difficili della loro vita, quando si ritroveranno a scegliere da soli. In tutto questo ricordiamoci che la Divina Provvidenza esiste e non può restare sorda davanti agli sforzi dei genitori che adempiono semplicemente al loro dovere di stato del quale dovranno render conto a Dio. Lo stesso Pio XI nella medesima enciclica citando San Giovanni Crisostomo ci ricorda:

"Che v’ha di Più grande se non governare gli animi, se non formare i costumi dei giovanetti?" (Hom. 60, in c. 18 Matt.).

Appello di tre ragazze sopravvissute alla scuola pubblica

Qualcuno penserà che questo articolo sia stato scritto da un sacerdote, una religiosa, un insegnante, un genitore… E invece, ci spiace deludervi, non è così. Lo scritto è invece povera opera di tre ragazze. Sì, ragazze, poco più che ventenni. A questo punto penserete con quale autorità, diritto, esperienza queste tre possano rivolgersi in modo così accorato a genitori collaudati, non certo alle prime armi. Ci rivolgiamo a voi con la sola esperienza che abbiamo, quella di sopravvissute. A cosa? Proprio alla scuola pubblica. Perché non è così scontato che se ne esca vivi, ancor meno si può pensare di uscirne illesi. Qualche cicatrice di guerra ce la portiamo sempre addosso, ma ci piace pensarle come medaglie duramente conquistate, segno tangibile dell’esser sopravvissute.

Ma i sopravvissuti, ahinoi, si contano sulla punta delle dita. Quanti compagni ci siamo lasciati alle spalle… Quanto dolore per la loro perdita… Ma oggi non possiamo accontentarci di essere sopravvissuti, scampati al nemico per miracolo, dobbiamo agire in prima linea con ferma volontà adoperando tutti i mezzi e le armi che la Divina Provvidenza ci mette a disposizione. Per noi è stato un sogno, un sano insegnamento cattolico, vogliamo vederlo realizzato per i nostri figli.

Ora, una piccola pietra è stata finalmente posta con l’apertura della prima scuola elementare a Rimini, ma siamo sicure che questa pietra è solo la prima di una lunga serie fatta di preghiere, speranze, sacrifici, contributi e mezzi adeguati la cui urgenza ci sembra ormai, sempre più, sotto gli occhi di tutti. 

Confidando che le nostre parole abbiano potuto togliere in voi i residui di qualsiasi riserva, ci uniamo alle vostre preghiere,

In Gesù e Maria

 

“Debbono per tanto i genitori sforzarsi ed energicamente insistere per impedire in questa materia ogni attentato, e in modo assoluto assicurare che a loro rimanga il potere di educare come si deve cristianamente i figli, e massimamente di negarli a quelle scuole nelle quali v'è pericolo che bevano il tristo veleno dell'empietà" (Enc. Sapientiae Christianae, 10-1-1890)".

"Tuttavia, è chiaro che in tutti questi modi di promuovere l'educazione e l'istruzione pubblica e privata lo Stato deve rispettare i diritti nativi della Chiesa e della famiglia sull'educazione cristiana, oltre che osservare la giustizia distributiva. Pertanto, è ingiusto ed illecito ogni monopolio educativo o scolastico che costringa fisicamente e moralmente le famiglie a frequentare le scuole dello Stato contro gli obblighi della coscienza cristiana o anche contro le loro legittime preferenze." (Enc. Divini illius Magistri, 31/12/1929).

 

 

 

 

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