di don Régis de Cacqueray

 
È innanzi tutto l’obbedienza che noi dobbiamo al nostro nuovo Papa Francesco. Gli dobbiamo obbedienza perché è il Papa (1), il successore di Pietro e il Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo. Nessuna autorità è più elevata e più gloriosa della sua sulla terra. E non pensiamo minimamente che l’estrema gravità della situazione in cui si trova la Chiesa ci esima dal nostro dovere di obbedienza nei suoi confronti.

Tuttavia, è vero che, dall’inizio della crisi nella Chiesa, si è spesso menzionato il grave dilemma che esiste tra la fede e l’obbedienza. Per conservare la fede è statodetto che è necessario «disobbedire» apparentemente, quando gli uomini di Chiesa insegnano delle novità in contraddizione con la fede di sempre. Non dobbiamo lasciarci ingannare da queste parole e  comprendere in profondità perché questa disobbedienza in realtà non è tale.
 
Certo, noi ammettiamo che essa ne presenta le apparenze. Ma se giustamente non ci si vuole fermare alle apparenze e si vuole andare al fondo delle cose, è facile dimostrare che sono proprio i sacerdoti e i fedeli della Fraternità San Pio X, nel loro spirito di resistenza agli errori che si oppongono alla fede, che sono i veri obbedienti.
 
Gli uomini di Chiesa infatti, fossero anche gli stessi papi, non possono usare la loro autorità contro Dio. Se giungono ad abusarne fino al punto di voler imporre ai fedeli di credere ad una religione diversa da quella che è stata rivelata da Dio e che la Chiesa ha sempre insegnato, ogni cattolico si trova allora, non solo nel diritto, ma anche nel grave dovere di resistere loro e di rifiutare questo nuovo insegnamento.
In tali circostanze, i capi non possono più parlare di obbedienza e non hanno più il diritto di esigerla, poiché è un peccato comandare agli uomini di peccare e sarebbe ancora un peccato obbedire all’ordine di commettere il peccato.
 
Ma chi non vede, appunto, che la gerarchia cattolica, a partire dal concilio Vaticano II, ha avvilito la religione e vi ha mescolato delle idee, dei sentimenti e dei comportamenti che sono del mondo?
Chi non si accorge che la nuova liturgia ha sviato il primo dovere dell’uomo, che è di rendere il vero culto a Dio?
Quale tragedia! In nome di una falsa concezione dell’obbedienza, milioni di uomini hanno abbandonato i sentieri della fede e si sono persi sui cammini dell’errore e del mondo.
Per questo, se la nostra obbedienza a Papa Francesco è un’obbedienza vera, un’obbedienza che non è fittizia, essa non porterà mai ad approvare le sue parole, i suoi gesti, i suoi comportamenti che si opporranno o che si oppongono alla fede.
Ora, e ci dispiace dirlo, nutriamo dei grandi timori per ciò che apprendiamo circa i fatti e i gesti di colui che fu il cardinale Bergoglio.
Citiamo solo tre esempi:
- La nuova Messa è già in se stessa una grave trasgressione. Ebbene, non solo il cardinale Bergoglio la celebra, ma, quand’era vescovo e cardinale, egli si è fatto notare in occasione di liturgie per i giovani che erano particolarmente degradate e desacralizzate.
- Mentre era vescovo a Buenos Aires, il cardinale Bergoglio ha perfino accettato di mettersi in ginocchio per ricevere una falsa «benedizione» effettuata da dei pastori protestanti.
Infine, ha messo la cattedrale di Buenos Aires a disposizione della comunità ebraica per una festa giudaica a cui ha partecipato.
 
Se, quand’era vescovo e cardinale, la sua teologia non gli permetteva di capire che la benedizione data da un pastore protestante in realtà è solo una parodia e che le cerimonie religiose giudaiche sono mortifere e ingiuriose per la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e per la fede cattolica, che ne è oggi che è Papa?
Come evitare di porsi questa domanda?
 
La teologia del cardinale Montini è stata quella di Paolo VI; quella del cardinale Wojtyla è stata quella di Giovanni Paolo II; quella del cardinale Ratzinger è stata quella di Benedetto XVI. Ciò che si finisce col temere, e che sfortunatamente già si intravede, è che la teologia di Papa Francesco rimanga quella del cardinale Bergoglio.
 
È chiaro quindi che noi continueremo a fuggire come la peste l’apparenza dell’obbedienza – rifiuto reale dell’obbedienza a Dio – che ha già fatto tante vittime. «Meglio ubbidire a Dio che agli uomini».
Non vogliamo che la nostra anima perisca nell’empietà e che per colpa nostra periscano anche le anime dei fedeli che si sono affidati a noi.
 
Don Régis de Cacquerais,
Superiore del Distretto di Francia
 
Fonte: Editoriale di Fideliter, n° 212, marzo-aprile 2013
 
(1)- "Migliore è la condizione di colui che possiede"

 

 

 

 

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