Più che mai attuale è questo testo di padre Roger- Thomas Calmel, uno dei primi sacerdoti ad aver presentito e resistito alla crisi nella Chiesa che si diffondeva già rapidamente negli anni 60°.
In esso egli mostra le grandi linea del comportamento del cattolico che deve cercare forza nella vita interiore per non lasciarsi trasportare dalla corrente degli errori e contribuire alla restaurazione nella Chiesa, restaurazione che deve cominciare nella nostra anima.

 “In un periodo particolarmente difficile, dalla vita della Chiesa,in un tempo dove i soccorsi e i sostegni più necessari vengono a meno progressivamente, dobbiamo prender cura di restare raccolti in Dio, silenziosi, ferventi nella preghiera; prima di tutto per non dimenticare l’insegnamento dell’esperienza e cioè che l’essenziale non potrà mai mancarci; poi per aver la forza di impedire, secondo le nostre forza, l’estensione del caos e dell’anarchia che sconvolgono le anime e le perdono.

La liturgia è tradita, tradita da coloro che la celebrano. Il dogma è falsato, falsato da coloro che lo insegnano. La penitenza è soppressa, soppressa dai ministri del perdono. La legge naturale e soprannaturale sulla famiglia è svalorizzata e praticamente abolita da coloro che hanno la missione di insegnarla e conservarla.

I diritti di Cristo sulle società terrestri sono negati e disprezzati da coloro che hanno la missione di proclamarli. Hora et potestas tenebra rum… Ecco il mondo nel quale dobbiamo rimanere fedeli a Dio cioè assidui alla frequenza di sacramenti, fermi e inflessibili sulla dottrina; questo è il mondo nel quale dovete compiere per amor di Dio i vostri doveri di sposi, padri e cittadini. E’ ancora possibile? E’ possibile a condizione di attingere la nostra forza in Dio. Ma come trovare la nostra forza in Dio se l’orazione e il silenzio della fede e dell’amore non ci raccolgono in lui? Se non ci tengono stabili e sicuri nel suo amore?

Noi conosciamo i due pericoli che ci minacciano: o abbandonare la nostra anima alla tristezza, dissiparla nell’amarezza e in vane lamentele; oppure non lamentarci ma sdraiarci spiritualmente.

“E’ l’impero in decadenza che vedeva passare i grandi barbari bianchi”.

Se cediamo a una o l’altra di queste tentazioni, facciamo il gioco del diavolo. Nella prova attuale,che Dio permette per la sua Chiesa non gli porteremo il fiore di fedeltà e di amore, in un certo senso questo fiore del martirio, che aspettava da noi. Anche se resistiamo, lo faremo in un modo troppo imperfetto e non abbastanza alla somiglianza di Cristo. Non ci rendiamo abbastanza conto che non ci mancherà mai l’indispensabile. Adhuc sum tecum ait Dominus.

Sono ancora con te, dice il Signore; … le predicazioni eretiche non spegneranno la luce della mia Rivelazione, la perversione generale dei costumi non potrà abolire l’onore cristiano, la dignità e la purezza cristiana. Ma per saperlo in mezzo alla notte che cade e alle nappe di nebbia che si estendono sulla terra, per aver una certezza assoluta dovete rimanere in me. Manete in me et ego in vobis [1]. E noi risponderemo: Mane nobiscum Dominie quoniam advesperascit [2]”.

Che San Giuseppe, sposo della Madre di Dio, padre che ha cersciuto il Figlio di Dio, custode della Vergine e capo della Santa Famiglia, che San Giuseppe, modello dei contemplativi, ci ottenga la grazia del silenzio. – il silenzio dove Dio abita, dove l’anima non cessa di essere nutrita da Dio e consolata da lui, - il silenzio di colui che crede e che non si lascia attirare da una parte o dall’altra da dottrine di eresia, da consigli di capitolazione, da insinuazioni di vigliacche complicità, - il silenzio di colui che spera, che è assolutamente certo che Gesù ci farà partecipare alla vittoria e che governa tutto, compreso la crisi attuale, per il bene degli eletti; - e soprattutto il silenzio di colui che ama e che l’amore fa rimanere nella pace del Beneamato e nella sua gioia".

 

R.P. Calmel, o.p.

Agli amici d’Itineraires, 27 febbraio 1966



[1] “Rimanete in me ed io in voi”

[2] Restate con noi, Signore, poiché si fa tardi”

 

 

 

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