I tre pastorelli di FatimaTratto dal libro Madonna di Fatima, di William Thomas Walsh

Il 5 maggio [1917], quasi per denunciare il dolore universale ed indicare l'unica sorgente di speranza, il Papa Benedetto XV deplorò in una lettera memorabile: «La guerra crudele, il suicidio dell'Europa». Dopo di aver invocato da Dio che volgesse i cuori dei governanti verso la pace, e scongiurato tutti di purificarsi dai loro peccati e di pregare per la pace, chiedeva in modo particolare che si ricorresse alla Vergine Santissima, dacché tutte le grazie erano distribuite dalle Sue mani. «Noi vogliamo che le suppliche dei suoi figli più addolorati siano indirizzate con viva confidenza, più che mai in questa ora terribile, alla grande Madre di Dio».

Egli ordinò che l'invocazione «Regina della Pace, pregate per noi» fosse aggiunta alle Litanie lauretane; continuando: «A Maria, adunque, che è la Madre della Misericordia ed è onnipotente per grazia, salga l'appello amoroso e devoto da ogni angolo della terra, dai templi augusti, dalle più piccole cappelle, dai palazzi reali e dalle magioni dei ricchi come dai più poveri casolari, da ogni luogo dove un'anima fedele trova rifugio, dalle insanguinate pianure e dal mare. Porti l'appello a Lei l'angosciato grido delle madri e delle spose, il lamento degli innocenti bambini, i gemiti di ogni cuore generoso: affinché la sua tenera e benigna sollecitudine si commuova, e la pace, che domandiamo, sia concessa al nostro mondo sconvolto».


   Senza alcun dubbio né Lucia né i suoi cugini avevano sentito parlare della lettera del Papa (perché non era ancora stata pubblicata) quando andarono alla montagna cinque giorni dopo, il 13 maggio 1917.
    Era una domenica radiosa, e Ti Marta aveva approntato il suo carro di buon'ora per condurre sua moglie Olimpia a Battalha, per sentir Messa nella magnifica cattedrale, e poi fare delle compere nei mercati festivi del vicinato. Ciò che desideravano in modo particolare era un porchetto da ingrassare per macellarlo in autunno. E così se n'andarono in piena allegria, lasciando ai ragazzi di ascoltare Messa a Fatima. Già stava per scoccare mezzogiorno quando Jacinta e Francisco fecero uscire le pecore dal cortile avviandole verso la Lagoa, dove, come al solito, incontrarono Lucia con le sue. Avanzarono assieme attraverso i campi verso i prati che Antonio Abòbara possedeva nella Cova da Iria.
     Il cielo azzurro nella sua immensità non era mai stato più limpido di quel giorno ed il paesaggio più sgargiante di colori. Appena giunti alla collina a nord della depressione detta Cova, mentre le pecore si accontentavano di brucare il ginestrone, essi decisero di costruire una «casa» da un piccolo folto, chiudendone l'apertura con un muricciolo. Incominciarono a radunare alcune pietre che si trovavano lì presso ed a collocarle una sull'altra. Mentre erano tutti occupati in questa fatica furono allarmati da un chiarore tanto vivo da pensare che si trattasse di un lampo. Senza attardarsi a riflettere come potesse venire in cielo perfettamente sereno, lasciarono cadere le pietre e corsero a cercare scampo, giù per il pendio, verso una carrasqueira (elce), distante circa cento metri. Si erano appena rifugiati sotto il suo fogliame largo e spesso, quando balenò un altro lampo. Di nuovo spaventati i fanciulli abbandonarono l'albero per correre verso est ad una distanza forse di altri cento metri. Là si fermarono stupefatti perché proprio di fronte a loro, sulla cima di un basso sempreverde chiamato azinheira (leccio) - alto un metro circa, dalle foglie lucide con punte pungenti come un cactus - essi videro un globo di luce e nel centro di esso una Signora.     Come la descrisse Lucia, essa era «una Signora tutta bianca, più brillante d'un raggio di sole, più chiara e più viva di un calice di cristallo ripieno d'acqua limpidissima, penetrato dai raggi del sole più risplendente». Il suo volto era bello oltre ogni possibile descrizione, «non triste, non gioioso, ma serio forse un po' crucciato, benché benigno; le sue mani giunte come in preghiera sul petto e rivolte in su, con una corona di Rosario pendente di tra le dita della mano destra. Anche le vesti sembravano fatte solamente della medesima luce bianca; una tunica semplice raggiungeva i piedi, e sopra questa un manto le scendeva dal capo fino all'orlo della tunica, il suo orlo, di luce più viva, sembrava splendere come oro. I capelli, e le orecchie erano invisibili. Le fattezze? Era quasi impossibile fissarla in volto; abbagliava da far male agli occhi, da obbligare a momenti a battere le palpebre o a distogliere la vista».
    I fanciulli rimasero, presi dal fascino, entro la radiazione luminosa che la circondava per un metro e mezzo di raggio.
    «Non abbiate timore» disse essa, con' una voce soave ed armoniosa da non poter essere dimenticata. «Io non vi farò del male!».
    Di fatto essi si sentivano rincuorati, pervasi solo da una grande gioia e pace. Era stato il «lampo», in realtà, che prima li aveva intimoriti. Lucia si sentiva tanto padrona di sé da fare una domanda: «Donde viene la Signoria vostra?». La fanciulla usava il linguaggio della «Serra»: «De onde é Vossemecé?».
«Io sono dal Cielo».
«E che cosa vuole da me?».
«Io vengo a chieder vi di venire qui per sei mesi di seguito, il giorno tredici ed alla medesima ora. Poi vi dirò chi sono e quello che voglio. In seguito io verrò qui una settima volta».
«E verrò io pure in Cielo?». «Sì, tu ci verrai».
«E Jacinta?».
«Pure essa verrà».
«E Francisco?».
«Anche. Ma egli dovrà dire molti Rosari».
Il Cielo! Lucia improvvisamente si ricordò di due ragazze che erano morte da poco. Erano amiche della famiglia e frequentavano la casa per imparare a tessere dalla sorella Maria.
«La Maria das Neves si trova ora in cielo?» domandò Lucia.
«Sì, essa è in Cielo».
«E l'Amelia?».  
«Essa starà in purgatorio fino alla fine del mondo!».
Purgatorio, la fine del mondo! La Signora continuava: «Volete voi offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che gradirà di mandarvi, come atto di riparazione per i peccati, coi quali Egli è offeso, e chiedere la conversione dei peccatori?».
«Sì, lo vogliamo».
«Allora voi avrete assai da soffrire. Ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto». Nel pronunciare le parole: «a graça de Deus», la Signora aprì le sue mani bellissime e dalle palme vennero due fasci di luce così viva, che non solo investì i fanciulli col chiarore, ma sembrò penetrare il loro petto e raggiungere le parti più intime del loro cuore e delle anime loro, «facendoci vedere noi stessi in Dio» (queste sono le parole di Lucia) «più chiaramente, in quella luce, che nel più terso degli specchi». Un impulso irresistibile ci costrinse a inginocchiarci e ci fece dire con fervore: «O Santissima Trinità io vi adoro! Mio Dio, mio Dio, io vi amo nel Santissimo Sacramento!».
    La Signora aspettò che finissero di dire; poi continuò: «Dite il Rosario ogni giorno, per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra».
   Immediatamente dopo, essa incominciò ad alzarsi serenamente dalla azinheira e trasferirsi lontano verso est «finché disparve nella immensità dello spazio».


     I fanciulli rimasero cogli occhi fissi al cielo verso oriente per lungo tempo. Anche dopo che si furono riavuti dallo stato di estasi in cui si trovavano, rimasero silenziosi e meditabondi per gran parte del pomeriggio. Ma non si sentivano abbattuti e stanchi come era avvenuto dopo aver visto l'Angelo della Pace. Al contrario, la vista della Signora aveva dato loro un senso delizioso di «pace e di gioia espansiva», di scioltezza e di libertà; pareva loro di poter quasi volare come uccelli.  
   Jacinta ogni tanto diceva: «Oh, che bella Signora! Oh, che graziosa Signora!».
   Dopo un certo tempo incominciarono a parlare con tale euforia, che Lucia credette necessario metterli in guardia dal dire ad alcuno, neppure alla mamma, quello che avevano veduto ed udito.
   Francisco in verità aveva visto la Signora, ma non aveva udito quello che aveva detto, come nel caso dell'Angelo. Quando gli dissero tutte le parole di Lei, egli ne fu felicissimo, particolarmente per la promessa che egli sarebbe andato in cielo.
«O Madonna mia, io dirò tutti i Rosari che vuoi!». «Ahi, que Senhora tao bonita!» disse la Jacinta di nuovo.
«Beh, vedremo se lo direte a qualcuno questa volta», ribatté Lucia senza troppa fiducia.
«Non lo dirò, no; non preoccuparti!» rispose la piccola. E Francisco pure promise di non dirlo ad anima viva.
   Lucia nutriva ancora i suoi dubbi riguardo a Jacinta. Il volto della piccola brillava dalla gioia: sembrava scoppiasse.

 

Cuore Immacolato di Maria

 

 

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