Omelia di mons. Alfonso De Galarreta

Ordinazioni sacerdotali, 3 giugno 2016, Seminario Saint Thomas, Winona (USA)

 

Oggi è un giorno pieno di gioia, di una gioia cristiana nobile e profonda. È il giorno della Festa del Sacro Cuore di Gesù, il nostro ideale sacerdotale, e noi siamo riuniti intorno all'altare per conferire gli Ordini sacri del Sacerdozio e del Diaconato.

 

Sacerdos alter Christus, il sacerdote è un altro Cristo che, per mezzo del sacramento dell'Eucaristia, perpetua la presenza e l'azione di Nostro Signore, Sommo ed Eterno Sacerdote. In quanto sacramento l'Eucaristia perpetua l'Incarnazione, la presenza di Nostro Signore tra di noi. In quanto Sacrificio, perpetua la Redenzione, la croce di Nostro Signore.

Il Sacro Cuore di Gesù è l'oggetto della predicazione e dell'apostolato del sacerdote. Ma è anche, nello stesso tempo, la forma e il modello della spiritualità e dell'attività sacerdotale. San Paolo vuole che noi conosciamo i tesori insondabili della sapienza, della scienza, della santità e della carità che sono nascosti nel Sacro Cuore di Gesù.

Nostro Signore stesso ci rivela i tesori del suo Cuore sacerdotale allorché dice: «Io sono la via, la verità e la vita»[1]. Non una via, una verità o una vita – ma la via, la verità, la vita. Sant'Agostino dice che Nostro Signore è la via in quanto uomo, ed è la verità e la vita in quanto Dio. Per questo Nostro Signore è, ad un tempo, la patria e la strada verso la patria.

Nostro Signore è la via dal momento che nessuno può andare al Padre senza passare per il Cristo. È la via, poiché è il Sommo Sacerdote che riconcilia gli uomini con Dio. È l'unico mediatore. È la via per mezzo del suo sacerdozio, della sua regalità e della sua Chiesa, sua unica Sposa e suo Corpo Mistico. Non c'è altro mezzo per raggiungere Dio.

Nostro Signore è anche la Verità, la Sapienza incarnata, la Luce senza tenebre, senza errori né menzogne: «Io sono nato e venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità: chiunque è dalla verità ascolta la mia voce»[2]. Nostro Signore è morto sulla croce per rendere testimonianza a questa verità. Egli è la fonte di ogni verità.

Egli è anche la Vita, Resurrezione e Vita: «Sono venuto affinché [le mie pecorelle] abbiano la vita, e l'abbiano più abbondantemente»[3]. Nostro Signore è la vita soprannaturale delle anime per mezzo della sua grazia, delle sue virtù e della sua santità, per mezzo del suo sacrificio che è la fonte di tutte le grazie e di ogni santità.

La prova che il sacerdote è l'apostolo del Cuore di Gesù la troviamo nella relazione che esiste tra ciò che Nostro Signore c'insegna ed i tre poteri ricevuti dal sacerdote con l'Ordinazione.

Il sacerdote ha un triplice potere: potestas regendi, potestas docendi, potestas sanctificandi. Il potere di governare, dirigere le anime nella via che è Nostro Signore Gesù Cristo. Il potere d'insegnare la verità, la verità integrale e soprannaturale. Il potere di comunicare la grazia alle anime e di santificarle in Nostro Signore Gesù Cristo, il potere di offrire il Santo Sacrificio della Messa.

Contemplando questi tre poteri e la loro relazione ai tesori del Sacro Cuore, noi troviamo la prova che la soluzione all'attuale crisi della Chiesa risiede nel sacerdozio cattolico, nella sua santità e nella sua fedeltà.

Lo spirito liberale e modernista penetrato nella Chiesa si oppone a Nostro Signore e alla sua azione.

Nostro Signore è la Via, ma la libertà religiosa dissolve la Regalità sociale di Cristo. La Chiesa è l'unica via di salvezza, ma lo spirito modernista relativizza e porta all'indifferentismo religioso.

La situazione nella Chiesa è chiara: abbiamo a che fare con un relativismo dottrinale e dogmatico, che a sua volta porta ad un relativismo morale e che conduce infine all'accettazione e alla promozione del peccato, dello scandalo.

Un esempio chiaro di questa situazione è la questione della comunione ai divorziati “risposati”. Vi è nella Chiesa un nuovo atteggiamento nei confronti di queste unioni “di fatto”, anche a quelle contro natura. È una situazione inconcepibile, direttamente opposta a Nostro Signore che è la Vita, la Verità, la Via.

Se le autorità ecclesiastiche sono arrivate a chiamare bene un tale male, è perché esse hanno incominciato a chiamare verità l'errore. Tutto è legato: tra tutte le cose vi è una coerenza, una logica, un vincolo di causalità.

Nostro Signore ci ha insegnato che si riconosce l'albero dai suoi frutti, e che il buon albero produce frutti buoni[4]. Quindi, se il frutto è amaro, corrotto, se vi è un'incitazione al peccato, allora di certo viene da un albero cattivo. E se l'albero è cattivo è perché il seme era cattivo.

Il problema che noi conosciamo oggi nella Chiesa non è solo nelle conseguenze; tutto l'insieme del periodo postconciliare è un albero cattivo, ma è contenuto tutto intero, in potenza, nel suo seme, il Concilio Vaticano II.

Se oggi ci troviamo davanti allo scandalo della comunione dei divorziati “risposati”, è a causa della legislazione e della pratica postconciliari che hanno permesso l'inversione dei fini del matrimonio, indebolita l'indissolubilità e introdotto il personalismo, inventando un nuovo bene del matrimonio: il bene personale degli sposi.

Tutte queste dottrine che, da anni, sono entrate nella Chiesa, sono contenute nel Concilio, nel documento Gaudium et Spes, che stabilisce questi princìpi. E quando il Papa attuale permette tutte queste cose, non si può che constatare lo sviluppo omogeneo dell'errore.

Nello stesso tempo ci stupiamo che non vi sia una reazione generale nella Chiesa davanti a queste misure, che non vi siano dei gruppi di vescovi o cardinali che si oppongano pubblicamente a questo scandalo. Questo dimostra la gravità del modernismo che prima di tutto disarma, poi fa scomparire gli anticorpi.

Benché vi sia qualche miglioramento, una certa dissoluzione di questo spirito modernista, nei nostri confronti è sempre la stessa cosa: per essere riconosciuti, dobbiamo accettare le novità conciliari.

Non tanto tempo fa, Papa Francesco si è sentito in dovere di correggere le parole di mons. Pozzo, precisando che il riconoscimento della Fraternità San Pio X sarebbe possibile, ma solo previo riconoscimento del concilio Vaticano II, poiché «ha il suo valore»[5].

Il superiore gerarchico di mons. Pozzo, il Card. Müller, spiega[6] che per essere cattolici bisogna accettare il Papa e il Concilio, e che la libertà religiosa, l'ecumenismo, ecc., sono elementi della dottrina comune, cioè hanno attinenza con la fede. Fa un paragone con la Resurrezione di Nostro Signore, che è una verità di fede, ma che non è mai stata esplicitamente definita. Di là conclude che il riconoscimento del Concilio non è irragionevole e non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile per la Fraternità San Pio X. Di fatto, un tale riconoscimento è proprio ciò che ci condurrà alla «piena comunione», una comunione nell'errore. È chiaro dunque che la condizione è l'accettazione del Concilio e delle riforme postconciliari.

È quindi ugualmente chiaro che la battaglia continua. Come ha detto il nostro Superiore generale, mons. Fellay, se dobbiamo scegliere tra la fede e un compromesso, la scelta è già fatta: non ci sarà compromesso![7]

Di certo Dio può cambiare le circostanze e metterci in una situazione diversa. Tale è la nostra ferma speranza. Ma la realtà attuale è quella che è.

Infine il Sacro Cuore di Gesù è anche, essenzialmente, il Cuore del Redentore, un cuore di riparazione. Santa Margherita Maria dice che Nostro Signore le ha manifestato che vi sono due santità, la santità dell'amore e la santità della giustizia, ed entrambe sono esigenti, strette, ognuna a modo suo.

Vi è una duplice riparazione, una alla giustizia e una alla carità, ed il sacerdote deve offrire se stesso con Nostro Signore per la redenzione degli uomini ed in riparazione. Gesù stesso ha dato ai sui Apostoli questa regola d'oro, dicendo: «Per essi io santifico me stesso, affinché anch'essi siano santificati nella verità»[8].

Tale deve essere il nostro atteggiamento verso coloro che sono membri della famiglia della Chiesa, le autorità. Qui sta la soluzione degli errori e delle debolezze che noi denunciamo. La soluzione sta nella nostra vera identificazione al Cuore sacerdotale di Gesù.

Come dice san Giovanni, noi dobbiamo credere nell'amore, nell'amore di Nostro Signore, dobbiamo confidare nell'aiuto potente della Sua grazia. Dobbiamo rispondere all'amore con l'amore, al dono con il nostro proprio dono, al sacrificio con il nostro sacrificio. Questa è la via della redenzione e della restaurazione.

Andiamo al Cuore Immacolato di Maria, al cuore di una madre, pieno di amore, di bontà, di misericordia, di costanza, di pazienza, come può esserlo il cuore di una madre. Il suo cuore è la via più sicura, più perfetta e più breve per andare al Sacro Cuore di Gesù.

 

Fonte: DICI

 

[1] Gv 14, 6.

[2] Gv 18, 37.

[3] Gv 10, 10.

[4] Cfr. Mt 7, 16-17

[5] Intervista di Papa Francesco al giornale La Croix del 16 maggio 2016: «D: Sarebbe pronto ad accordare loro [ai membri della FSSPX] uno statuto di prelatura personale? Papa Francesco: Sarebbe una soluzione possibile, ma prima bisogna stabilire un accordo fondamentale con loro. Il Concilio Vaticano II ha il suo valore. Si va avanti lentamente, con pazienza».

[6] Cfr. intervista del Card. Müller in Herder Korrespondenz del giugno 2016, ripresa dal sito austriaco Kathpress il 24 maggio, citata da Edward Pentin ne il National Catholic Register dello stesso giorno: «[...] Il Cardinale Müller, che insiste chiaramente più del Santo Padre perché la FSSPX aderisca all’insegnamento del Concilio, ha dichiarato a Herder Korrespondenz che non si può trattare il Concilio come «una semplice disquisizione pastorale» semplicemente perché non ha adottato dei dogmi obbliganti. Il Prefetto della CDF ha detto che nessun papa ha mai proclamato la resurrezione di Cristo come un dogma ex cathedra, e tuttavia questa «appartiene al centro della fede, ne è il fondamento». «Le dichiarazioni chiave, anche se non sono annunciate ex cathedra, sono tuttavia essenziali per noi cattolici», ha detto, aggiungendo che «non è accettabile prenderne alcune e rigettare le altre». Secondo il resoconto del Kathpress, Il Cardinale Müller ha anche dichiarato nell’intervista che non serve essere affascinati da ogni omelia di un vescovo o di un papa. È necessario che si accetti solo il magistero, che è una dichiarazione di fede.

«La libertà religiosa come diritto umano fondamentale e la libertà di proteggere la religione che riguarda la rivelazione soprannaturale in Gesù Cristo, sono riconosciute da ogni cattolico senza riserve», ha detto riferendosi alle relative dichiarazioni del Concilio.

Il riconoscimento del concilio Vaticano II «non è un ostacolo irragionevolmente alto» da superare, ha detto, e ha aggiunto che si tratta piuttosto dell’«adeguato rimedio per entrare in piena comunione con il Papa e con i vescovi in comunione con lui».

[7] Intervista di mons. Fellay al National Catholic Register del 26 maggio 2016: «Non cerco tale regolarizzazione canonica come un assoluto. Per me, è chiaro, ne abbiamo il diritto, ma non faremo compromessi né nuoceremo alla fede e alla disciplina della Chiesa per averla. Consideriamo una ingiustizia il fatto che non ci sia concessa, e manteniamo il nostro punto di vista, è tutto. E trovandoci davanti alla scelta di conservare la fede o fare un compromesso, è chiaro: non faremo un compromesso!».

[8] Gv 17, 19.