Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

seguito

Parte Quarta - Una rivoluzione in tiara e piviale.

Capitolo XXXII - Un liberalismo suicida: le riforme postconciliari

 

La soppressione del Sant’Uffizio

Non sono io che l’invento, ho posto io stesso la domanda al Cardinale Browne, che fu per lungo tempo al Sant’Uffizio: «Il mutamento del Sant’Uffizio in “Sacra Congregazione per la dottrina della fede” è un cambiamento accidentale, superficiale, un mutamento di etichetta soltanto, o è un cambiamento profondo, radicale?». Il Cardinale mi rispose: «un cambiamento essenziale, è evidente». In effetti, il tribunale della fede è stato sostituito da un ufficio di ricerca teologica. Si può dire tutto quel che si vuole, ma è la realtà. Le due istruzioni sulla teologia della liberazione, tanto per fare un esempio, lungi dal giungere concretamente ad una chiara condanna di questa «teologia» e dei suoi fautori, hanno avuto quale risultato più evidente quello di incoraggiarli! Ed ecco il motivo: tutto ciò avviene perché il tribunale è diventato essenzialmente un ufficio di ricerca. È uno spirito radicalmente diverso, uno spirito massonico: non si possiede la verità, si è sempre alla ricerca della verità. Ci si perde in discussioni tra i membri di una commissione di teologi del mondo intero, che riescono soltanto a partorire testi interminabili la cui evanescenza riflette l’incoerenza dei suoi autori.

In sostanza non si condanna più, non si designano più le dottrine condannate, non si marchiano più gli eretici col ferro rosso dell’infamia. No. Si chiede loro di tacere un anno, si dichiara: «Questo insegnamento non è degno di una cattedra di teologia cattolica», ed è tutto. Praticamente la soppressione del Sant’Uffizio è caratterizzata, come scrivevo al Santo Padre (265), dalla libera diffusione degli errori. Il gregge di pecore di Nostro Signore Gesù Cristo è abbandonato senza difesa ai lupi predatori.

 

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

265) Lettera aperta di Monsignor Lefebvre e di Monsignor de Castro Mayer a Giovanni Paolo II, del 21 novembre 1983.