«È gran sapienza non credere a tutto quello che si sente dire e il non propalare subito quello che si è udito e creduto» (Imitazione di Cristo, L. 1, c. 4, 2).

La diffusione di internet è ormai sotto gli occhi di tutti e le case dei tradizionalisti non ne vanno esenti: d’altra parte entra anche nei Priorati… Mi sembra giunto il momento di dire qualcosa sulla moralità dell’uso di internet.

Tralascio volutamente l’aspetto legato alle oscenità di cui questo strumento può essere veicolo: ricordo solamente ai genitori che, lasciare libero accesso ad internet ai figli, è un’imprudenza colossale: se proprio ci deve essere in casa, il computer collegato alla rete sia collocato in una stanza comune (…e quindi, mai nella stanza dei ragazzi).

In queste righe vorrei considerare l’uso di internet sotto un altro punto di vista, sempre morale ma di altro genere: mi riferisco ai vari forum e alle variegate mailing-list che intasano le nostre caselle di posta elettronica.

Siamo tutti teologi

Internet, oltre ai vantaggi che tutti conoscono, ne comporta un altro degno di attenzione: il fatto di trovarsi dietro ad uno schermo, meglio ancora se protetti da un nick-name (un nome in codice che nasconde la vera identità) fa diventare immediatamente… teologi. Straordinario ma è così. C’è gente che studia anni per avere una licenza in teologia; altri invece s’iscrivono ad un forum o ad una mailing-list ed eccoli pronti a disseminare le loro sentenze illuminate ed illuminanti sugli internauti affamati di verità. Discettano, con abbondanti citazioni di illustri teologi su infallibilità pontificia, canonizzazioni, validità dei sacramenti, liturgia, magistero ordinario universale, e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente con relativi anatemi riservati a chi osa scostarsi dal loro autorevole insegnamento. Anatema …click.

È bello vedere il fiorire di questi teologi che osano volare là dove altri – evidentemente molto meno dotati di loro – non hanno mai osato.

Ora, fuori dall’ironia, vorrei qui fare una riflessione: la teologia è una cosa seria, così seria che non si può fare dietro ad uno schermo, in tempo reale. La teologia è l’apice del sapere. Se è vero che la metafisica è la più alta delle scienze umane – cioè delle scienze che conoscono la realtà con la sola luce naturale della ragione – la teologia sta ancora più in alto, in quanto la luce che l’illumina è la luce stessa di Dio.

Dio può essere conosciuto con le forze naturali della ragione, per mezzo delle creature, come Autore dell’ordine naturale. Ma vi è una “scienza di Dio” che non si può acquisire con le sole forze della ragione, perché presuppone che Dio stesso si sia manifestato agli uomini mediante la Rivelazione. È questa la teologia in senso stretto. Si capisce, allora, che il teologo debba ad un tempo possedere perfettamente sia la filosofia sia il dato rivelato, così come viene proposto dal Magistero, per poter effettuare quella sintesi – opportunamente innaffiata dalla preghiera – che contraddistingue la vera teologia dalla discussione da Bar dello sport.

Il teologo deve essere prima di tutto umile. Poi deve essere docile alle ispirazioni di Dio, essendo la materia di cui tratta la più elevata e la più sublime. Dall’unione tra umiltà e docilità sboccia il dono della sapienza.

Tutta merce assolutamente assente da forum e mailing-list. Sfido chiunque a provarmi il contrario. Mosso dal dono di sapienza, un teologo del calibro di san Tommaso d’Aquino, di fronte ad una questione particolarmente difficile, non trova di meglio che mettere la sua testa nel tabernacolo! Il tabernacolo, capito? Non lo schermo di un computer.

Copia-incolla o… taglia e cuci?

L’altro enorme vantaggio di internet su qualsiasi altro mezzo di comunicazione è il fatto di poter diffondere a velocità vertiginosa, senza sforzo e senza spesa, la Buona Novella. Sennonché, con la stessa facilità e con incidenza centomila volte maggiore, si può diffondere l’errore, o anche solo l’imprecisione; la calunnia, o anche solo il dubbio su di una persona; la maldicenza, ecc.

Questa semplice constatazione dovrebbe far riflettere l’internauta prima di effettuare il fatidico “click” e diffondere una notizia, un giudizio, ecc. Pazienza per colui che non si pone il problema morale, ma l’internauta cattolico il pensierino salutare se lo dovrebbe porre.E invece, un giro rapidissimo sui forum cattolici che gravitano intorno alla Tradizione ci fa scoprire con orrore che pullulano di cattiverie, maldicenze, insinuazioni del tutto gratuite. Ci si chiede veramente se chi scrive – o diffonde – quelle cose abbia seriamente riflettuto sulla portata dell’8° Comandamento “non dire falsa testimonianza”.

Iudico …ergo sum

Che dire poi del prurito di commentare? Con una tastiera e un mouse si diventa tutti editorialisti, opinionisti, saggi ispirati che ritengono che il loro giudizio apporti alla povera umanità quella luce che fino ad allora mancava. E allora – pur non richiesti – diffondono, a piene mail, il loro verbo su qualsiasi argomento: attualità, politica, vita ecclesiale, ecc. Un giudizio non si nega su nulla e nessuno.Anche se temerario… Ora, è vero che l’operazione definita “giudizio” è propria dell’uomo in quanto essere razionale; tuttavia non c’è l’obbligo di portare un giudizio su tutto e su tutti, a maggior ragione se non richiesto, e ancor più quando non si è propriamente sicuri dei fatti.

«Non giudicate e non sarete giudicati […], perché con la stessa misura onde avrete misurato, sarà rimisurato a voi» (Lc 6, 37ss).

Monito per tutti

Tutti ricorderanno la singolare penitenza che san Filippo Neri impose a quella pia donna venuta a confessarsi di aver l’abitudine di parlare male del prossimo. Il Santo, per farle capire i tremendi effetti di quel peccato, le impose di spennare una gallina morta per le strade di Roma e poi di ritornare da lui. La donna eseguì e – tornata dal Santo – gli chiese che cos’altro dovesse fare.

«Ora tornerete  per quelle stesse vie dove siete passata e raccoglierete ad una ad una tutte le piume della gallina che avete spennato, senza lasciarne attorno nessuna».

«Ma, Padre mio, mi chiedete una cosa impossibile! – esclamò disperata la povera penitente –  Soffiava tanto vento che chissà dove avrà trasportato quelle piume».

«Lo so anch’io – concluse il Santo – ma con questo volevo farvi conoscere che le vostre maldicenze rassomigliano a queste piume».

Ci vorrebbe un altro Pippo Buono per escogitare una penitenza proporzionata per chi sparge, a suon di kilobyte, le maldicenze più malevoli e i giudizi più perfidi.

Effetto trasparenza

Infine internet permette di condividere con altri utenti le proprie conoscenze, le proprie esperienze, ecc. Non solo fra amici, ma anche con persone sconosciute. È finita l’éra del diario segreto col lucchettino. Ora si chiama blog, in cui ci si racconta al grande pubblico: vizi e virtù. Ce n’è per tutti.

Anche le discussioni acquistano un carattere pubblico di dimensioni planetarie: è molto più gustoso bisticciare davanti ad una platea di utenti collegati on line. Proprio come quelle belle liti tra casigliani: due bisticciano da un balcone all’altro e tutto il caseggiato ne approfitta, apprendendo un sacco di notizie interessanti sui due contendenti e le relative madri.

Molto bello. Il vantaggio di internet è che il “condominio” che assiste può essere costituito da svariate decine di utenti in copia conforme che si vedono recapitare una serie di mail di botta e risposta con un crescendo wagneriano. Edificante. Molto, molto cattolico…

«Vàssene il tempo e l’uom non se ne avvede…» (Purg. 4, 9)

Per concludere, vorrei sottolineare una altro aspetto. Il computer ci ha abituato a ragionare, agire, comunicare, ecc. ad una velocità inimmaginabile. Tutto si misura in nanosecondi, cioè la miliardesima parte di un secondo: neanche il tempo di scrivere la parola e già ne sono passati qualche migliaio! Il processore del computer, quanto a lui, il tempo lo usa bene: non ne perde neanche uno di nanosecondi. Invece, per contrasto, gli uomini quanto tempo (non più frazioni infinitesimali di secondo, ma ore di sessanta minuti) passano a postare commenti sui forum o a scrivere mail interminabili! Ci si chiede veramente: ma dove lo trovano il tempo per questo? E non avete mai notato l’orario di certi post o di certe mail? Mezzanotte, due di notte, quattro e mezzo…? Ma dico, il giorno dopo, al lavoro (o a scuola), che cosa mi combinano? Non mi sembra questo il modo di «riscattare il tempo», come dice san Paolo aggiungendo «…quoniam dies mali sunt - perché i giorni sono cattivi» (Ef 5, 16): proprio perché cattivi, i giorni vanno impiegati a fare il bene compiendo diligentemente il proprio dovere di stato e non sprecando inutilmente il tempo.

«Serva tempus – non sciupare il tempo», scrivevano saggiamente gli antichi sulle meridiane.

Bisognerebbe scriverlo anche sugli schermi (spenti) dei computer.

Don Luigi Moncalero

Fonte: TC n°67