VaticanoII un dibattito aperto

Il resoconto ufficioso dei colloqui

della Fraternità San Pio X con le autorità romane

Con queste pagine, don Jean-Michel Gleize dà un valido contributo all’esame dei testi del Concilio Vaticano II. Egli è stato uno dei membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X che hanno preso parte, in qualità di esperto di ecclesiologia, ai colloqui dottrinali con la Santa Sede richiesti da Benedetto XVI. Il libro rappresenta come un «resoconto» dei temi trattati durante gli incontri che hanno evidenziato, ancora una volta, il divario esistente tra chi vuole rimanere fedele a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e chi afferma un’impossibile «ermeneutica della continuità» tra il Vaticano II e gli insegnamenti di tutti i secoli precedenti.  

 In un libro-intervista con il giornalista Messori  e in un discorso alla Conferenza episcopale cilena, l’allora cardinale Ratzinger affermava che gli insegnamenti del Vaticano II sono conformi alla Tradizione della Chiesa e non devono essere riformati, mentre occorre rivederne l’applicazione (o la «ricezione»), mettendo un termine agli abusi interpretativi, perché «ci sono molte presentazioni di esso che danno l’impressione che, dal Vaticano II in avanti, tutto sia stato cambiato e che ciò che lo ha preceduto non abbia valore o, nel migliore dei casi, abbia valore soltanto alla luce del Vaticano II» . Divenuto Papa, nel discorso del 22 dicembre 2005 denunciò le stesse abusive interpretazioni di allora, indicandone la causa in quella che definì «l’ermeneutica della rottura» e indicando la soluzione nel ritorno ad una «ermeneutica del rinnovamento nella continuità».
Spesso, però, i fatti parlano più di tutte le interpretazioni. Dopo il Vaticano II si è costretti a constatare che il disordine si è introdotto nella Chiesa e questo è un fatto riconosciuto da tutti.
 
A distanza di cinquant’anni, poi, il disordine è divenuto endemico e si è normalizzato. La causa è da ravvisare unicamente nel conflitto di due ermeneutiche opposte? È impossibile non riconoscere che si è in presenza di due insegnamenti diversi: l’insegnamento di sempre e il nuovo insegnamento inaugurato dall’ultimo Concilio, di cui l’ermeneutica invocata più volte da Benedetto XVI postula la continuità. La continuità, però, non è soltanto un’unità nel tempo dello stesso soggetto, perché l’unità della Chiesa non è esclusivamente di ordine cronologico, ma è in primo luogo un’unità di fede, cioè l’unità del medesimo contenuto della medesima verità divinamente rivelata.  
Ci sono dei testi del Concilio che costituiscono un cambiamento rispetto a ciò che precedeva e che, di conseguenza, impongono una scelta: o il Vaticano II o la Tradizione. Testi come Nostra aetate sulle religioni non cristiane, Unitatis redintegratio sull’ecumenismo e Dignitatis humanae sulla libertà religiosa conducono effettivamente e con ragione a domandarsi se la Chiesa di oggi è realmente la stessa di ieri, o se l’hanno cambiata con qualcos’altro. Di fatto, affermava mons. Lefebvre, «dopo questo Concilio, la Chiesa o per lo meno gli uomini di Chiesa che occupano i posti-chiave hanno assunto un orientamento nettamente opposto alla Tradizione, cioè al magistero ufficiale della Chiesa» . «In altre parole, “Io accuso il Concilio” mi sembra la risposta necessaria a “io scuso il concilio” del cardinale Ratzinger. Mi spiego: io sostengo […] che la crisi della Chiesa si riconduce essenzialmente alle riforme postconciliari emanate dalle autorità ufficiali della Chiesa e in applicazione della dottrina e delle direttive del Vaticano II: nulla, dunque, di marginale o sotterraneo nelle cause essenziali del disastro postconciliare» .
 
Si tratta di un giudizio che senz’altro, almeno fino ad ora, i fatti non hanno smentito.
A distanza di cinquant’anni quest’analisi merita di essere approfondita, con un lavoro oculato e ragionato, in cui analisi diverse possano liberamente confrontarsi arricchendosi e migliorandosi reciprocamente, a condizione di non fare astrazione dai fatti accertati. Non possiamo dissimulare, infatti, la difficoltà che presenta questa situazione in gran parte inedita, cioè quella di un Concilio ecumenico i cui frutti più manifesti rimettono seriamente in discussione l’identità stessa della Chiesa nella costanza della sua dottrina.  
La prima parte del volume di don Gleize consiste in una sintetica esposizione delle principali nozioni della teologia cattolica sulla Tradizione e sul magistero, per potersi accostare con maggior cognizione di causa ai punti controversi degli insegnamenti dell’ultimo Concilio, che sono poi analizzati nella seconda parte. Per l’esposizione dei temi della seconda parte si è scelta la struttura della quaestio disputata, che, invalsa nella tradizione della teologia scolastica, presenta il vantaggio della chiarezza e della precisione: esposti i diversi argomenti a favore o contro una data tesi, è fornito un principio di risposta alla luce del quale poterli valutare in un modo, nel limiti del possibile, equo ed obiettivo. Le argomentazioni a cui sono improntati i ragionamenti non si basano su opinioni personali o sui dettami della propria coscienza, ma sull’insegnamento costante e unanime del magistero della Chiesa.
 
Il lettore di buona volontà giudicherà da sé se le spiegazioni rendono sufficientemente conto dei fatti, tenendo presente che il giudizio definitivo lo darà un giorno la Chiesa nel suo magistero infallibile.
 
«È al futuro giudizio del divin Maestro – scrive don Gleize – e alle decisioni definitive del magistero della Chiesa che vogliamo sottomettere fin da subito le nostre valutazioni. Tutto quanto scriviamo si intenda sempre, secondo l’espressione consacrata, salvo meliori iudicio. Perché – non dimentichiamolo mai – in materie così importanti il miglior giudice è sempre Dio stesso, la cui volontà si esprime mediante il magistero costante della sua Chiesa».
 
 
Don J. M.  Gleize FSSPX
Vaticano II - Un dibattito aperto
Questioni disputate sul XXI Concilio Ecumenico
Editrice Ichthys - pag. 226

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