dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

 

Seconda Parte - Il Cattolicesimo Liberale.

Capitolo XX - Il senso della Storia

 Nelle precedenti conversazioni ho cercato di mostrarvi come i cattolici liberali, Lamennais, Maritain, Yves Congar, abbiano una visione poco cattolica del senso della Storia. Proviamo ad approfondire la loro concezione e a giudicarla alla luce della fede.

 Senso o controsenso?

Per i cattolici detti liberali la Storia ha un senso, cioè una direzione. Questa direzione è immanente, è di quaggiù, è la libertà. L’umanità è spinta da un soffio immanente nella direzione di una coscienza crescente della dignità della persona umana, e dunque nel senso di una libertà da qualsiasi vincolo sempre più grande. Il Vaticano II si farà portavoce di questa teoria affermando sulla scorta di Maritain:

«Nell’epoca attuale gli uomini divengono sempre più consapevoli della dignità della persona umana e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà» (156).

Nessuno metterà in discussione che sia auspicabile che l’uomo si determini liberamente verso il bene; ma che la nostra epoca, e il senso della Storia in generale, siano contrassegnati da una coscienza crescente della dignità e della libertà umana, ecco quel che è quanto mai contestabile! Solo Gesù Cristo, conferendo ai battezzati la dignità di figli di Dio, mostra agli uomini in cosa consista la loro vera dignità, la libertà di figli di Dio della quale parla san Paolo (Rm 8,21). Nella misura in cui le nazioni si sono sottomesse a Nostro Signore Gesù Cristo, si è vista infatti svilupparsi la dignità umana e una sana libertà; ma dall’apostasia delle nazioni istaurata dal liberalismo, ci è forza constatare al contrario che, quando Gesù Cristo non regna più e «le verità diminuiscono tra i figli degli uomini» (Sal 11,2), la dignità umana è sempre più disprezzata e calpestata e la libertà ridotta ad uno slogan vuoto di contenuto.

Si è mai vista, in una qualsiasi epoca della Storia, un’impresa tanto colossale e radicale di schiavitù quale la tecnica comunista della schiavitù delle masse (157)? Se Nostro Signore ci invita a «interpretare i segni dei tempi» (Mt 16,4), allora è stato necessario tutto l’ottenebramento volontario dei liberali e una consegna assoluta del silenzio perché un concilio ecumenico, riunito appunto per interpretare i segni del nostro tempo (158), tacesse sul segno più manifesto dei tempi, che è il comunismo! Questo silenzio da solo basta a coprire d’onta e di riprovazione questo Concilio dinanzi a tutta la Storia, e a mostrare il ridicolo della citazione del preambolo di Dignitatis humanae che ho riportato.

Di conseguenza, se la Storia ha un senso, questo non è certo la spinta immanente e necessaria dell’umanità verso la dignità e la libertà che inventano i liberali «ad justificandas justificationes suas», per giustificare il loro liberalismo, per coprire della maschera speciosa del progresso il vento glaciale che il liberalismo fa soffiare da due secoli sulla cristianità.

 Gesù Cristo polo della Storia

Allora, qual è il vero senso della Storia? C’è anche un senso della Storia?

La Storia è tutta ordinata ad una persona, che è il centro della storia, e che è Nostro Signore Gesù Cristo, giacché, come rivela san Paolo, «in Lui sono state create tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra, le visibili e le invisibili; Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create mediante Lui e per Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui. Lui è il capo del corpo, cioè della Chiesa, il principio […] onde avere il primato in tutto. Poiché piacque a Dio di fare abitare in Lui tutta la pienezza, e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, e della terra e del cielo, stabilendo la pace con il sangue della sua croce, per mezzo di Lui, sia sulla terra che nei cieli» (159).

Gesù Cristo è dunque il polo della Storia. La Storia non ha che una legge sola: «È necessario ch’Egli regni» (1 Cor 15, 25), s’Egli regna, regnano anche il vero progresso e la prosperità, che sono beni più spirituali che materiali! S’Egli non regna è la caduta, la decadenza, la schiavitù in tutte le sue forme, il regno del Maligno. È questo che promette ancora la Sacra Scrittura: «La nazione e il regno che non Vi serviranno periranno, queste nazioni saranno interamente distrutte» (Is 60,12). Sono stati scritti dei libri peraltro eccellenti sulla filosofia della Storia, ma confesso la mia sorpresa e la mia irritazione nel constatare che vi si omette questo principio assolutamente capitale o che non lo si colloca al posto che gli spetta. Dunque, questo è il principio della filosofia della Storia e, cosa ancor più importante, è una verità di fede, un vero dogma rivelato e cento volte verificato dai fatti!

Ecco dunque la risposta al quesito: qual è il senso della Storia? Ebbene, la Storia non ha alcun senso, alcuna direzione immanente. Non c’è senso della Storia, c’è uno scopo della Storia, uno scopo trascendente, ed è la «ricapitolazione di tutte le cose nel Cristo», la sottomissione di tutto l’ordine temporale alla Sua opera redentrice, l’impresa della Chiesa militante sulla città temporale, che prepara il regno eterno della Chiesa trionfante del cielo. Di conseguenza, la fede lo afferma, e i fatti lo dimostrano, la Storia ha un polo principale: l’Incarnazione, la Croce, la Pentecoste; essa ha avuto il suo pieno fiorire nella città cattolica, sia questa l’impero di Carlo Magno o la repubblica di Garcia Moreno, e avrà il suo termine, raggiungerà il suo polo finale quando il numero degli eletti sarà completo, dopo il tempo della grande apostasia (2 Ts 2, 3); non siamo sul punto di viverla?

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156) Dichiarazione sulla libertà religiosa, introduzione.

157) Si legga Jean Madiran, La vieillesse du monde, DMM, Jarzé 1975.

158) Cfr. Vaticano II, Gaudium et spes, n. 4 §1, 11§1.

159) Col I, 17-21.

 

 

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