dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

Seconda Parte - Il Cattolicesimo Liberale.

Capitolo XVI - La mentalità cattolica liberale

 

Una malattia dello spirito

Più che una confusione, il cattolicesimo liberale è una «malattia dello spirito» (118): lo spirito non riesce a riposare semplicemente nella verità. Lo spirito non osa affermare nulla, che immediatamente gli si presenta dinanzi la controaffermazione, che esso si sente quindi obbligato a porre. Papa Paolo VI fu l’esempio tipico di questo spirito diviso, di questo volto duplice – si poteva anche leggerglielo fisicamente in viso – perennemente sballottato fra le contraddizioni e animato da un impulso a bilanciare, oscillando regolarmente fra la tradizione e la novità: schizofrenia intellettuale, diranno alcuni?

Io credo cha padre Clérissac abbia profondamente compreso la natura di questa malattia. È una «carenza dell’integrità dello spirito», scrive (119), di uno spirito che non ha «abbastanza fiducia nella verità»:

«Questa carenza dell’integrità dello spirito, nelle epoche di liberalismo, si esplica dal lato psicologico con due caratteristiche manifeste: i liberali sono ricettivi e febbrili; ricettivi perché assumono con troppa facilità gli stati d’animo dei loro contemporanei; febbrili perché, per timore di urtare questi diversi stati d’animo, sono in una continua inquietudine apologetica; sembra che essi stessi soffrano dei dubbi che combattono; non hanno abbastanza fiducia nella verità; vogliono giustificare troppo, dimostrare troppo, adattare troppo o perfino scusare troppo».

 

Porsi in armonia con il mondo

Scusare troppo! Davvero ben detto: vogliono scusare tutto del passato della Chiesa: le crociate, l’inquisizione, ecc.; giustificare e dimostrare, lo fanno troppo timidamente, soprattutto se si tratta dei diritti di Gesù Cristo; ma ad adattare è proprio sicuro che ci si dedicano: è il loro principio:

«Essi partono da un principio pratico e da un fatto che giudicano innegabile; questo principio è che la Chiesa non potrebbe essere compresa nell’ambiente concreto nel quale deve compiere la sua divina missione, senza mettersi in armonia con esso» (120).

È così che in seguito i modernisti pretenderanno di adattare la predicazione del Vangelo alla falsa scienza critica e alla falsa filosofia immanentista dell’epoca, «sforzandosi di rendere la verità cristiana accessibile agli spiriti decisi a rifiutare il soprannaturale» (121). Dunque, secondo costoro, per convertire quelli che non credono al sovrannaturale, bisogna prescindere dalla rivelazione di Nostro Signore, dalla grazia, dai miracoli… se avete a che fare con degli atei, non parlate loro di Dio, ma mettetevi al loro livello, all’unisono con loro, entrate nel loro sistema! Così diverrete marxisti-cristiani, e saranno stati loro a convertirvi! 

È lo stesso ragionamento compiuto dalla Missione di Francia e che fanno attualmente ancora molti sacerdoti riguardo all’apostolato nel mondo operaio: se vogliamo convertirli, dobbiamo lavorare con gli operai, non mostrarci come preti, avere le loro preoccupazioni, conoscere le loro rivendicazioni, e così riusciremo ad essere il lievito nella pasta… E così facendo questi preti si sono convertiti e sono diventati agitatori sindacali! «Sì, si dirà, ma voi dovete capire, bisognava assolutamente assimilarsi a questo ambiente, non urtarlo, non dargli l’impressione che si volesse evangelizzarlo, imporgli una verità!». Quale errore! Queste persone che non credono più hanno sete della verità, hanno fame del pane della verità che questi preti smarriti non vogliono più spezzare per loro!

Ed è sempre questo ragionamento erroneo che è stato fatto ai missionari: ma no, non predicate subito Gesù Cristo a questi poveri indigeni che prima di tutto muoiono di fame! Prima date loro da mangiare, poi degli utensili, in seguito insegnate loro a lavorare, fate loro imparare l’alfabeto, l’igiene… e perché no, la contraccezione! Ma non parlate loro di Dio: hanno la pancia vuota! Ma io direi questo: è proprio perché sono poveri e privi di beni terreni che sono straordinariamente accessibili al Regno dei Cieli, al «cercate prima il regno dei Cieli», al Buon Dio che li ama e ha sofferto per loro, affinché partecipino, attraverso le loro miserie, alle Sue sofferenze redentrici. Se al contrario pretendete di porvi al loro livello, non riuscirete che a farli gridare all’ingiustizia e a far divampare in loro l’odio. Ma se recherete loro Dio, li solleverete, li eleverete, li arricchirete autenticamente.

 

Riconciliarsi con i princìpi del 1789

In politica, i cattolici liberali vedono nei princìpi del 1789 delle verità cristiane, senza dubbio un po’ scostumate, ma gli ideali moderni, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, la democrazia (ideologia) e il pluralismo, una volta purificati, sono tutto sommato assimilabili dalla Chiesa. Questo è l’errore che Pio IX condanna nel Sillabo: «Il Pontefice romano può e deve riconciliarsi e transigere con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna» (122).

«Cosa volete, dichiara il cattolico liberale, non si può essere all’infinito contro le idee del proprio tempo, remare senza tregua controcorrente, sembrare retrogrado o reazionario». Non si vuole più l’antagonismo fra la Chiesa e lo spirito liberale laico, senza Dio. Si vogliono conciliare gli inconciliabili, riconciliare la Chiesa e la Rivoluzione, Nostro Signore Gesù Cristo e il principe di questo mondo. Non si può immaginare impresa più empia, e che sgretoli di più lo spirito cristiano, la giusta lotta per la fede, lo spirito di crociata, cioè lo zelo di conquistare il mondo a Gesù Cristo.

 

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118) Reverendo A. Roussel, Libéralisme et catholicisme, p. 16.

119) Humbert Clérissac, o. p., Le mystère de l’Eglise, cap. VII.

120) DTC. T. IX, col. 509.

121) Jacques Marteaux, Les catholiques dans l’inquiétude, passim.

122) Proposizione condannata n. 80, Dz 1780.

 

 

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