Budda sul TabernacoloDomenica 27 aprile, se la Provvidenza non vi pone rimedio, Papa Francesco “canonizzerà” Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

Diversi studi di don Michel Gleize, professore di Teologia della Chiesa nel seminario di Ecône e membro della commissione della Fraternità San Pio X per le discussioni che si tennero con le autorità romane,  mostra come si possano aver seri dubbi su queste nuove canonizzazioni. Come si potrebbe in effetti canonizzare chi, invece di difendere la fede, ha contribuito a distruggerla nelle anime istillando il relativismo religioso?

Così ha fatto l’ultimo concilio, voluto ed applicato da questi due pontefici. Giovanni Paolo II in particolare, non dimentichiamolo, è il Papa della riunione inter-religiosa di Assisi, con la statua di Budda messa sul tabernacolo della Chiesa San Pietro, con gli indiani che invocavano gli spiriti sui sacerdoti e sui bambini nella Basilica di San Francesco, con i polli sgozzati dagli animisti sull’altare di S. Chiara.

Giovanni Paolo II bacia il CoranoNumerose altre riunioni di questo genere si sono susseguite sotto il suo pontificato e continuano ancora nella Chiesa, contribuendo a infettare le menti dell’erroneo pensiero che ogni forma di religiosità possa essere gradita a Dio e che quindi tutte possano condurre alla salvezza.

Giovanni Paolo II poi, è stato il pontefice che ha baciato il Corano e che ha partecipato a numerosi altri riti pagani. Come si può soltanto pensare lontanamente che possa essere preso come modello nella virtù di fede?

Proponiamo alla vostra lettura una serie di articoli che trattano di questo soggetto scottante per valutare le nuove canonizzazioni alla luce dell’insegnamento tradizionale della Chiesa.

Giovanni Paolo II: un nuovo santo per la Chiesa?

di don Michel Gleize

PROLOGO

1. Nella prima epistola ai Tessalonicesi (capitolo 1, versetti 6-9) san Paolo loda i fedeli della chiesa di Tessalonica e si congratula con loro perché hanno seguito il suo esempio e perché hanno, a loro volta, dato il proprio a tutti gli altri fedeli del paese, così che, grazie a loro, la fede si è diffusa non solo lì ma anche dappertutto. In altre parole sottolinea l’importanza concreta e l’efficacia della predicazione attraverso l’esempio, attraverso la santità della vita, mostrandoci anche la gravità dell’evento, se come previsto avrà luogo, della canonizzazione di Giovanni Paolo II, canonizzazione che darà a tutti i cattolici l’esempio ingannevole di una falsa carità che si oppone alle esigenze del Regno di Cristo, una falsa carità ecumenica, della quale il Papa polacco si è reso apostolo infaticabile. Questo esempio proposto a tutta la Chiesa sarà di per se stesso l’apoteosi (nel senso più stretto ed etimologico del termine) del Concilio Vaticano II: canonizzare Papa Giovanni Paolo II significa rendere intoccabili gli insegnamenti del Concilio.

2. Ecco perché è indispensabile ricordare qualche principio elementare, per dare ai fedeli cattolici un mezzo di discernimento, affinché non si lascino sopraffare dai falsi ragionamenti, che non mancheranno, anzi già sono stati usati, volti a incitare i cattolici a riconoscere nella vita di Giovanni Paolo II un ideale di autentica santità, la cui imitazione va imposta a tutta la Chiesa.

3. Quando ci diranno che non si può continuare a disobbedire, contestare e rifiutare l’adesione al magistero e al Papa, noi risponderemo precisando che effettivamente non possiamo e che, proprio per continuare ad obbedire alla Tradizione bimillenaria della Chiesa, per non contestarla e per darle l’adesione più piena che le spetta, siamo obbligati ad opporci a tutte le iniziative che se ne allontanano, anche quando dipendono dalle più alte autorità della Chiesa stessa.

4. La vera frattura non sta nel contestare l’eventuale canonizzazione di Giovanni Paolo II, ma piuttosto in questo Papa stesso, che ha voluto conformare la Chiesa alle novità introdotte dal Concilio Vaticano II, specialmente promuovendo una nuova legislazione. «Lo strumento, che è il Codice, corrisponde in pieno alla natura della Chiesa, specialmente come viene proposta dal magistero del Concilio Vaticano II in genere, e in particolar modo dalla sua dottrina ecclesiologica. Anzi, in un certo senso, questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico questa stessa dottrina, cioè l’ecclesiologia conciliare. […] Ne risulta che ciò che costituisce la «novità» fondamentale del Concilio Vaticano II, in linea di continuità con la tradizione legislativa della Chiesa, per quanto riguarda specialmente l’ecclesiologia, costituisce altresì la «novità» del nuovo Codice. Fra gli elementi che caratterizzano l'immagine vera e genuina della Chiesa, dobbiamo mettere in rilievo soprattutto questi: la dottrina, secondo la quale la Chiesa viene presentata come il popolo di Dio e l’autorità gerarchica viene proposta come servizio (cf. «Lumen Gentium», 2.3); la dottrina per cui la Chiesa è vista come «comunione», e che, quindi, determina le relazioni che devono intercorrere fra le chiese particolari e quella universale, e fra la collegialità e il primato; la dottrina, inoltre, per la quale tutti i membri del popolo di Dio, nel modo proprio a ciascuno, sono partecipi del triplice ufficio di Cristo: sacerdotale, profetico e regale. A questa dottrina si riconnette anche quella che riguarda i doveri e i diritti dei fedeli, e particolarmente dei laici; e, finalmente, l'impegno che la Chiesa deve porre nell'ecumenismo. Se, quindi, il Concilio Vaticano II ha tratto dal tesoro della tradizione elementi vecchi e nuovi, e il nuovo consiste proprio in questi e in altri elementi, allora è chiaro che anche il Codice debba rispecchiare la stessa nota di fedeltà nella novità, e di novità nella fedeltà, e conformarsi ad essa nel proprio campo e nel suo particolare modo di esprimersi». [1]

5. In questo senso, la canonizzazione di Giovanni Paolo II sarà davvero una novità, ma contestabile da chi vuol restare unito alla Tradizione della Chiesa. 



[1] Giovanni Paolo II, «Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983» in La Documentation Catholique, n° 1847, p. 245-246.

Fonte: La Tradizione Cattolica n° 1 - 2014

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