Davanti a Pilato

Erano circa le sei del mattino, secondo il nostro modo di calcolare il tempo, quando il triste corteo raggiunse il palazzo di Pilato. Sfigurato orribilmente dai maltrattamenti, Gesù fu condotto fin sotto la scala del procuratore. Quando Pilato vide arrivare Gesù in mezzo a un gran de tumulto, si alzò e parlò con un'aria sprezzante: «Perché venite così presto? Come mai avete ridotto quest'uomo in così miserabili condizioni? Cominciate di buon'ora a percuotere e scorticare le vostre vittime!», e indicò Gesù in mezzo a loro.

 Pilato aveva spesso sentito parlare di Gesù di Nazaret, “il Galileo”. Ora, nel vederlo così sfigurato e maltrattato, sentì aumentare il suo disgusto per i sacerdoti del tempio. Con tono imperioso e sprezzante il procuratore romano chiese loro: «Di che cosa accusate quest'uomo?».

«Se non fosse un malfattore non te l'avremmo condotto», risposero irritati.

«E meglio che lo giudichiate secondo le vostre leggi», replicò Pilato.

«Tu sai che abbiamo pesanti limitazioni riguardo alla pena capitale», risposero i sacerdoti con voce ansiosa, perché volevano uccidere Gesù prima della festa solenne.

Pilato dimostrò di non essere disposto a condannare Gesù senza prove e intimò loro di produrre i capi d'accusa. Essi presentarono Gesù di Nazaret come agitatore delle masse, colpevole di avere turbato l'ordine pubblico; aggiunsero che egli violava il sabato perché operava guarigioni in quel giorno sacro. […] Si è fatto chiamare Cristo, re dei Giudei, l'unto del Signore, il re promesso agli Ebrei!».

Su queste ultime parole, confermate da dieci testimoni, Pilato apparve molto pensoso; passò nell'ultima sala del tribunale e ordinò alle guardie di portargli Gesù per interrogarlo. Quando Gesù gli fu dinanzi, Pilato, dopo averlo scrutato con stupore, gli chiese: «Sei dunque il re dei Giudei? ».

Gesù gli disse: «Mi chiedi questo spontaneamente o altri ti hanno parlato di me?».

«Sono io forse un ebreo per interessarmi di simili miserie? Il tuo popolo ti ha consegnato a me perché io ti condanni a morte. Dimmi: che cosa hai fatto?», gli chiese Pilato in tono sprezzante.

L'interrogato rispose: «Sì, sono re, come tu dici. Sono nato e venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità ascolta la mia voce».

Pilato, alzandosi, lo guardò e disse: «Cos'è mai la verità?».

Egli aveva ormai compreso che Gesù non poteva danneggiare l'imperatore romano. Fece ritorno sulla terrazza e sentenziò, rivolto ai sinedriti: «Non trovo alcuna colpa in quest'uomo!».

[…]

Intanto gli accusatori gli continuavano a gridare furiosi: «Non trovi colpa in un miserabile che ha sollevato la popolazione dalla Galilea fino qui?». Udendo nominare la Galilea, Pilato domandò: «Ma quest'uomo è Galileo, quindi suddito di Erode?».
«Sì!», risposero i sinedriti. «La sua residenza attuale è a Cafarnao e i suoi genitori hanno avuto dimora a Nazaret».
«Se è suddito di Erode, conducetelo dinanzi a lui. Egli è qui per la festa e potrà giudicarlo».

Furiosi per l'affronto subito di fronte al popolo, i sinedriti fecero ricadere tutta la loro collera sul Redentore. Lo fecero frustare selvaggiamente e, coprendolo di insulti, lo trascinarono da Erode. Attraversando la folla che gremiva le vie di Gerusalemme giunsero alla reggia del tetrarca.

Gesù davanti a Erode Antipa

[…] Senza lasciar trapelare la sua ira e il suo disappunto per l'atteggiamento di Gesù, l'Antipa continuò con le domande e le lusinghe, invitandolo a fare un miracolo alla sua presenza: «E vero che sei il Figlio di Dio... o chi sei veramente? Perché taci? Mi hanno parlato molto dei tuoi discorsi, dei miracoli e delle prodigiose guarigioni che riesci a produrre. Vuoi mostrarmi qualcosa? Tu sai che io posso farti liberare»

Poiché il Signore continuava a non degnare di uno sguardo quell'adultero incestuoso, assassino di Giovanni Battista, Erode sentenziò con voce grave:  «Non vedo in te niente di regale, vedo solo un pazzo!». I sinedriti, approfittando del disgusto del tetrarca provocato dal silenzio di Gesù, rinforzarono le loro accuse. Essi adoperarono gli argomenti più convincenti per fare in modo che Erode intravedesse il suo trono in pericolo se Gesù fosse stato rimesso in libertà.

Ciò nonostante, il tetrarca non era disposto a condannare il Redentore. Umiliato però dal persistente silenzio di Gesù, lo consegnò ai servi e alle guardie della sua reggia, che erano più di duecento, dando loro quest'ordine:  «Rendete a questo re da strapazzo gli onori che si merita!».

Il Salvatore venne trascinato in un grande cortile e colà fu vittima di nuovi e crudelissimi oltraggi, mentre Erode si godeva il supplizio da una terrazza di marmo.

Vedendo che questi era deciso a non condannare Gesù, i sacerdoti incaricarono i farisei di sollevare il popolo contro il Galileo. Alcuni dei più acerrimi nemici del Signore, temendo che Pilato lo rimettesse in libertà, distribuirono denaro ai servi di Erode affinché lo maltrattassero fino a provocargli la morte.

Vidi Gesù martoriato dai duecento servi di Erode. Gli misero un gran sacco bianco come mantello e lo percossero a più non posso, lo tiravano come per farlo ballare, poi lo gettavano a terra trascinandolo per il cortile. Il suo sacro capo sbatté più volte contro le colonne di marmo. Lo rialzavano e ricominciavano a martoriarlo, sputandogli addosso e coprendolo d'insulti.

I servi, prezzolati dai nemici di Gesù, gli assestavano colpi sul sacratissimo capo. Il Signore li guardava con compassione, mentre sospirava per i dolori atroci; i suoi gemiti strazianti suscitavano le risate deliranti dei suoi torturatori; nessuno sentiva pietà di lui.

Completamente insanguinato, Gesù cadde tre volte sotto i feroci colpi di bastone. Vidi gli angeli che gli ungevano il sacratissimo capo, piangevano ed erano molto addolorati. Mi fu rivelato che senza la loro celeste assistenza il Redentore sarebbe certamente morto.

Dopo quest'orrenda infamia, Erode Antipa rinviò Gesù da Pilato.

Gesù ricondotto da Pilato

Stremato e deriso dalla marmaglia istigata dai farisei, Gesù pregò il Padre di non farlo morire prima del tempo.

Il procuratore romano si alzò dalla sua lettiga, avanzò sulla terrazza e disse con voce ferma: «Mi avete presentato quest'uomo come un agitatore di popolo, ma io, dopo averlo interrogato alla vostra presenza, non ho trovato in lui nessuna colpa. Nemmeno Erode lo ha trovato colpevole, poiché non ne avete ottenuto la sentenza di morte. Lo farò flagellare e poi lo libererò».

Contro questa decisione di Pilato si levò un possente mormorio di protesta. Il procuratore accolse con grande disprezzo quelle rimostranze del popolo sobillato.

Manipolata dagli agitatori, prezzolati dai farisei, la folla chiese che fosse liberato un prigioniero in occasione del la festa solenne. Per indurre la massa a sollecitare laliberazione di Gesù, Pilato fece comparire accanto al Salvatore un bandito della peggiore specie.

«E consuetudine che io, per la Pasqua, vi liberi un prigioniero. Chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù, il re dei Giudei, colui che dice di essere l'unto del Signore?».

A questa domanda del procuratore, dopo una prima esitazione, la folla gridò in coro: «Barabba! ».

Disse ancora: «Cosa debbo fare di Gesù, chiamato il Cristo, il re dei Giudei?».

Un coro tumultuoso si levò in alto: «Sia crocifisso! Sia crocifisso! ».

Così Pilato liberò il malfattore Barabba e fece flagellare Gesù.

 L'orribile flagellazione

Gli strapparono di dosso il manto derisorio di Erode e fecero quasi cadere il Signore a terra. Vidi Gesù tremare e rabbrividire davanti alla colonna. Egli stesso si tolse la veste con le mani gonfie e sanguinanti. Poi pregò e volse per un attimo lo sguardo verso la sua santa Madre immersa nel dolore.

[…] Due di quei bruti, assetati di sangue, iniziarono a flagellare il corpo immacolato di Gesù provocandogli i più atroci tormenti. Le prime verghe di cui si servirono gli aguzzini erano strisce di color bianco, sembravano fatte di legno durissimo o nervi di bue.

Dorso, gambe e braccia venivano lacerati sotto i pesanti colpi del flagello, finché la pelle a brandelli col sangue schizzò al suolo. […] I servi dei sacerdoti avevano regalato denaro ai flagellatori e avevano dato loro delle brocche colme di un liquore rosso, del quale bevvero fino a ubriacarsi.

Dopo un quarto d'ora i carnefici che avevano flagellato Gesù furono Sostituiti da altri due. Questi ultimi si avventarono contro Gesù con cieco furore, usando anche bastoni nodosi con spine e punte. I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulle braccia dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi.  […]

La terza coppia di carnefici si avventò con maggior foga delle altre sul corpo martirizzato di Gesù. Per la fustigazione essi si servirono di cinghie munite di uncini di ferro.

Eppure la loro rabbia diabolica non si placò. Gesù venne slegato e poi di nuovo legato, questa volta col dorso contro la colonna. Poiché il Signore non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto e lo legarono con le mani dietro la colonna. Ripresero così a fustigarlo. Gesù aveva il corpo ridotto a un'unica piaga e guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue, come se implorasse la grazia. Ma, in risposta ai suoi flebili gemiti, la loro furia aumentò e uno dei carnefici lo colpì al viso con un'asta più flessibile. […] Infine lo rimisero in piedi, gli gettarono la veste sulle spalle e lo sospinsero frettolosamente verso il corpo di guardia. Con la veste egli si asciugava il sangue che gli fuoriusciva copioso dal volto.

 Gesù oltraggiato e coronato di spine

[…] Il Signore fu fatto sedere al centro del cortile, su un tronco di colonna ricoperto di cocci di vetro e di pietre. Indicibile fu il tormento di quella incoronazione: intorno al capo di Gesù venne legato un serto intrecciato di tre rami spinosi, alto due palmi, le cui punte erano rivolte verso l'interno. Nel legare posteriormente la corona al santo capo, i carnefici gliela strinsero brutalmente per fare in mo o che le spine grosse un dito si conficcassero nella sua fronte e nella nuca. Poi gli infilarono una canna tra le mani legate, si posero in ginocchio davanti a lui e inscenarono l'incoronazione di un re da burla.

Non contenti gli strapparono di mano quella canna, che doveva figurare come scettro di comando, e iniziarono a percuotergliela sulla corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; al tempo stesso i malfattori lo schiaffeggiavano e gli rivolgevano volgarità di ogni tipo.

«Ecce homo»

Con il mantello scarlatto sul dorso, la corona di spine sul capo e lo scettro di canna tra le mani, Gesù venne ricondotto nel palazzo di Pilato. Il Signore era irriconoscibile, il sangue gli riempiva gli occhi e dalla fronte incoronata gli scorreva sul volto congestionato fin nella bocca e in mezzo alla barba. Il suo corpo era tutto una piaga, tanto che camminava curvo e malfermo. Il povero Gesù giunse sotto la scalinata davanti a Pilato, suscitando perfino in quest'uomo crudele un senso di compassione. Il popolo e i perfidi sacerdoti continuavano a schernirlo.

[…] Allorché egli comparve davanti al popolo, insanguinato, con la corona di spine sul capo e la canna tra le mani, si levò nell'aria un mormorio generale d'orrore.

Gesù teneva gli occhi inondati di sangue diretti in basso sulla folla ondeggiante, mentre Pilato, segnandolo a dito, gridava ai Giudei:  «Ecco l'uomo!».

I sacerdoti, i sinedriti e gli altri sobillatori, nel vedere Gesù come implacabile specchio della loro coscienza, furono presi dal furore e urlarono in coro: «Sia tolto dal mondo! Sia crocifisso!».

Con voce risentita, Pilato gridò:  «Non ne avete abbastanza? Egli è stato trattato in modo che non ha più voglia di farsi eleggere re!».

Ma quei forsennati urlarono nuovamente: «Sia crocifisso!».

[…] La folla rumoreggiò nel cortile del pretorio, mentre i sinedriti gli gridavano: «Se lo liberi, non sei amico dell'imperatore, perché chi vuole farsi re è nemico di Cesare!».

Infine lo minacciarono dicendogli che l'avrebbero denunciato all'imperatore e che era necessario farla finita, perché alle dieci dovevano trovarsi al tempio. Il grido: «Crocifiggilo!» risuonava adesso da tutte le parti, perfino dai tetti piatti del foro dov'erano saliti numerosi furibondi.

Quel tumulto aveva in sé qualcosa di orrendo. Pilato, rimasto isolato, fu preso dallo spavento e temette una rivolta. Fatta portare dell'acqua in una brocca, se la fece versare sulle mani da un servo e, rivolto al popolo, disse: «Del sangue di questo giusto io sono innocente e voi soli ne risponderete».

In quel momento si levò la possente voce del popolo, tra cui si trovava gente di tutta la Palestina: «Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli!». […]

E, facendo portare la croce, Pilato concluse con la condanna capitale: «Condanno Gesù di Nazaret, re dei Giudei, alla crocifissione!».

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