Editoriale

 

 

Cari fedeli, amici e benefattori,

C’è un segreto essenziale che permette di capire la vita cristiana. Senza l’intelligenza di questo segreto o vivremo da cristiani, ma sempre tristi, scontenti dei problemi che abbiamo, delle sofferenze, delle contraddizioni, o, attirati dalle sirene del mondo e dalle sue false promesse, abbandoneremo semplicemente le promesse del nostro battesimo, promesse rinnovate ogni anno durante la Vigilia Pasquale.

Qual’è questo segreto? Ci è insegnato appunto dal primo sacramento che abbiamo ricevuto, il nostro battesimo. Che cos’è questo rito se non un rito di morte e vita? Lo si capisce molto meglio ancora nel battesimo degli adulti che si amministrava durante la Veglia Pasquale. Il catecumeno, lasciato i suoi vecchi abiti, scendeva nel battistero dove si immergeva totalmente. Battezzato dal Vescovo usciva dall’altro lato del battistero dove era rivestito dal suo padrino di una nuova veste, una veste bianca che conservava per otto giorni fino alla domenica seguente (da lì il nome di Domenica in Albis). Lasciato la sua vecchia vita di peccato da un lato, rigenerato nell’acqua che esce dal lato aperto dell’Uomo-Dio Crocifisso, usciva dall’altro lato del battistero per iniziare una nuova vita: Vivo non più io, ma vive in me Cristo(1).

Sappiamo che il battesimo toglie il peccato ma non il focolare del peccato. Rimangono le quattro ferite conseguenze del peccato originale: l’ignoranza nell’intelligenza, la malizia nella volontà, la debolezza nell’irascibile e il desiderio disordinato nella concupiscenza. Sarà quindi l’opera di tutta una vita, una lenta morte a questi disordini per sviluppare le quattro virtù infuse (soprannaturali) che li guariscono: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.

Il vive in me Cristo è una progressiva risposta al vivo non più io, cioè lo sviluppo delle virtù per farmi vivere veramente da cristiano, come un altro Cristo, come una umanità di più(2). Corrisponde alla lenta morte dell’orgoglio, dell’egoismo, della malizia e della concupiscenza. Completo nella mia carne quel che manca delle sofferenze di Cristo, in favore del corpo suo che è la Chiesa(3) esprime anche questa lenta morte. Significa che Gesù facendoci partecipi della sua Croce ci permette di cooperare alla sua opera di salvezza per poter ricompensarci nella gloria del Paradiso.

Allora sì le sofferenze, le contraddizioni prendono un nuovo senso, un valore d’eternità, un tesoro che ci è offerto per partecipare all’opera di salvezza non solo della nostra anima, ma di tante altre anime: «Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’inferno perché non vi è chi si sacrifichi e preghi per loro»(4).

Che la meditazione della Passione di Nostro Signore, l’amore di questo pio esercizio della Via Crucis ci insegni la sapienza della Croce e ci faccia diventare veri cristiani, veri battezzati: Non vivo più io, ma vive in me Cristo.

 Che il Cuore Immacolato di Maria sia il vostro rifugio.

don Ludovico Sentagne

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(1) Gal. 2, 20.
(2) Preghiera alla Santissima Trinità di Suor Elisabetta della Trinità.
(3) Col. 1, 24.
(4) Fatima, 15 agosto 1917.

 

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