processione di riparazione a rimini 2017intervista a Cristiano Lugli

A conclusione della querelle estiva concernete i Pride, le Curie ammiccanti i Pride, le pubbliche Riparazioni, riprendiamo l'esaustiva l'intervista a Cristiano Lugli, del Comitato Beata Giovanna Scopelli, apparsa da più parti nel web.

All’indomani della processione di riparazione, che cosa direbbe al vicario del vescovo di Rimini? Oggettivamente, avete alimentato “uno stile di contrapposizione e di polemica con il triste effetto di far sentire le persone con tendenze omosessuali giudicate a priori e allontanate dalla Comunità Cristiana”, come paventava il comunicato della curia?

Di cose gliene direi tante, come ne avremmo dette tante se qualcuno si fosse degnato di riceverci per parlare come fece il Vescovo Massimo Camisasca che, pur non prendendo una posizione netta, perlomeno ci volle ascoltare di persona e ci chiese di parlargli come dei figli parlando ad un padre. In particolare però gli direi che mentre a Biella Emma Bonino e Silvio Viale (“frullatore di bambini” per auto definizione) parlavano in una chiesa, dei cattolici a Rimini sono stati trattati come lebbrosi. Non v’è stato nessun clima d’odio, e solo chi non ha capito sulla teologia della riparazione può pensare che la preghiera alimenti livori.

Eravate trecento: non pochi, considerato il clima ecclesiale e quello meteorologico, ma nemmeno molti. Secondo lei perché?

Secondo qualche nostra considerazione finale in realtà le persone potevano viaggiare anche sui 350-400, tenendo conto che alcune si sono aggregate durante il tragitto ed altre sono dovute scappare via non appena la Processione si è conclusa. Ad ogni modo stiamo parlando del 29 luglio, data piuttosto infausta dove molte persone avevano probabilmente già programmato le vacanze. In più il bollino rosso autostradale non incoraggiava. Ma questo per noi non si è mai posto come problema ed anzi definiamo i numeri finali come un trionfo oltre le più rosee aspettative. Chiaramente le considerazioni fatte dal Vescovo Lambiasi hanno tenuto lontane parecchie persone che potenzialmente sarebbero venute. Purtroppo i tempi sono questi: tutto ciò che è cattolico sembra voler essere ostacolato, e la Chiesa oggi pare voler fare “da stampella all’omosessualità”, come ha detto Mons. Negri in un intervento di qualche giorno fa.

Lei ha conoscenti o amici di tendenza omosessuale? Che cosa comunica nei loro confronti?

Ho qualche conoscente certo. Non ho mai avuto problemi di rapporto con nessuno, se interpellato chiaramente esternavo ed esterno quello che penso, ma non faccio guerre personali. Per le singole persone che vivono questa situazione non posso che pregare perché si convertano, e nel caso in cui stiano lottando con la tendenza prego affinché possano vivere una vita di castità, come dovere di ogni cristiano. Gli omosessuali in quanto tali e fieri della loro omosessualità al punto tale da farne un macerante cavallo ideologico quale l’omosessualismo non vanno rispettati. Così come non va rispettato ogni peccatore fiero di esserlo e portatore della sua idea di peccato all’interno della società. Sarebbe come chiedermi di avere rispetto per Emma Bonino. Quando si dice “non vanno rispettati” si intende che le loro posizioni non possono essere assolutamente viste come tollerabili o utili ad un qualsiasi dibattito. Questo è il Male assoluto della democrazia: l’Errore ê messo sullo stesso piano della Verità; l’oggettività deve far spazio alla soggettività; la realtà viene surclassata dall’esperienza e dal relativismo. Questi criteri folli stanno sempre più distruggendo la civiltà moderna.

Pensa anche lei, come alcuni cardinali e vescovi, che nella Chiesa cattolica stia prendendo piede una “omo-eresia”? e che significa?

Lo penso eccome! Siamo stati costretti a coniare un neologismo come “omoeresia” perché il problema si fa sempre più grande. L’omoeresia non è altro che il rifiuto, totale o parziale che sia, del Magistero della Chiesa rispetto all’omosessualità. Il problema grosso è che oggi questa forma di eresia moderna e contraria ad ogni visione naturale della vita non proviene solo da chi se ne fa portavoce e la applica liberamente nella propria vita, ma viene appoggiata anche da una gran fetta di preti, vescovi e cardinali. Questo è il dramma. Se scoperchiamo il vaso di Pandora forse potremmo scoprire che Krzysztof Charamska è in allegra compagnia…

Lei si considera un tradizionalista? o quale altra definizione darebbe al suo impegno?

Io mi considero anzitutto un cattolico. Ogni altro appellativo è sempre stato fuori da ogni concezione cattolica. In seno alla Chiesa le correnti sono due, ma la prima esiste nel suo appellativo solo perché deve contraddistinguersi dall’altra (che è falsa): ci sono i cattolici, e ci sono i modernisti. Certo è che l’avvento del modernismo – la più grande eresia che le comprende tutte, come disse Papa San Pio X condannandola nell’Enciclica Pascendi – ha dovuto far correre ai ripari. Ed è per questo che sempre San Pio X disse che “i veri amici del popolo non sono i modernisti o i progressisti, ma sono i tradizionalisti“. Non c’è Cattolicesimo senza Tradizione. L’impegno di ogni buon cattolico è anzitutto quello di pensare alla salvezza della propria anima, poi quello di fare di tutto perché il Regno Sociale di NSGC si estenda ad ogni persona e nella società. Questa è la vera militanza cattolica, che si serve degli strumenti cristiani: preghiera e penitenza, penitenza e preghiera.

E’ sempre stato così per tradizione familiare, oppure ha avuto un cambiamento? come è avvenuto?

In famiglia ho certamente ricevuto un’educazione cristiana e pregna dei valori fondamentali. Tuttavia nel corso dell’adolescenza ho avuto un cambiamento personale dopo un periodo buio: tutte le certezze che mi attorniavano erano certezze meramente umane, prive di quel valore soprannaturale che ogni vita deve avere per non sentirsi persa e vuota. Un giorno – chiamasi Provvidenza – capitai alla professione solenne di un monaco di Norcia, senza sapere nulla della Messa tridentina e della liturgia romana. Ecco diciamo che lì cominciò tutto.

Il vostro gesto riparatorio è stato considerato da molti come fuori dal tempo. Eppure lei e gli altri partecipanti alla processione siete giovani apparentemente come tanti altri, famiglie come le altre. Quali sono le sue letture, le sue preferenze, che cosa fa nella vita quotidiana?

Si devo dire che ha colpito anche me la presenza di così tanti giovani, altro che roba per vecchi… Famiglie con bambini, passeggini ovunque, insomma una visione molto forte e commovente oltre che assolutamente normale. Questo dà speranza perché vuol dire che il seme è ben riposto! D’altronde la Fede non può che guidare al bello, mentre la non Fede e il rifiuto di Dio non fanno altro che accumulare macerie su macerie di bruttezza, di vero senso dell’orrido oserei dire. Le mie letture sono per la maggioranza spirituali, ma non mi dispiacciono nemmeno i fantasy. Preferisco il silenzio al chiasso, la montagna al mare e l’estate all’inverno. Come vede, credo di rientrare nei paramenti della normalità corrente. Lavoro come operatore socio sanitario in una casa di riposo e cerco di applicare la carità a servizio del prossimo, specialmente dei malati e dei moribondi, per la maggior parte abbandonati al loro destino, soprattutto per quanto concerne la cura della loro anima.

Perché i cattolici delle nostre città padane non tornano facilmente e in gran numero al rosario, alle litanie, al canto gregoriano, al latino?

La frenesia è certamente uno dei motivi portanti. A questo si unisce l’operato di una contro-cultura che ha fatto di tutto per debellare anche le più belle tradizioni popolari: si badi che le processioni sono sempre state le devozioni dei poveri e dei piccoli. Idem il latino, oggi così tanto odiato. Lavoro seguendo persone anziane che dicono quotidianamente il Rosario in latino senza farsi problemi di immagine o di etichetta da retrogradi. Oggi tutto è in divenire, secondo un concetto di evoluzione che francamente, a guardarlo bene, sa sempre più di involuzione e di sottosviluppo sociale, culturale e spirituale.

Eppure in moltissimi luoghi d’Italia e del mondo c’è un forte ritorno alla tradizione: come vede questo fenomeno?

Questo grazie al Cielo è vero. L’uomo ha un bisogno ancestrale di conoscere ciò che è più gradito a Dio. Ora, egli essendo dotato di intelletto, se si svincola dai preconcetti è normale che una cosa piaccia più di un’altra – in questo caso la tradizione. Anche la logica porta a questa conclusione, perché se una novità porta al collasso allora vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. La “primavera” della Chiesa ha portato grandi successi? La risposta la si trova nelle chiese semivuote, nei confessionali-ripostiglio con ragnatela incorporata, e nei seminari venduti a destra e a manca. L’onestà intellettuale non può far altro che portare lo sguardo a ciò che invece ha costruito e irrobustito generazioni e generazioni di fedeli, ispirato migliaia e migliaia di vocazioni sacerdotali.

Lei è di Reggio nell’Emilia, città dove l’altare della cattedrale è stato sostituito con un cubo. Sono cambiamenti solo di forma o di sostanza?

Il cambiamento della sostanza cambia consequenzialmente anche la forma. L’altare che lei cita è purtroppo ben conosciuto ai miei occhi. Cosa le devo dire? Sparita la dimensione del Sacrificio di Cristo nella Santa Messa non c’è più bisogno di un Altare nel suo vero senso etimologico. Alle volte ci si può mettere una tavolozza in alluminio, altre volte un sasso, altre volte il tavolino dell’Ikea. E poi ci sono le circostanze, come a Reggio-Emilia, in cui forse ci si dovrebbe chiedere se un meteorite è capitombolato involontariamente dentro al Duomo. “Altare est Christus“, mi limito a dire questo e lascio ai lettori il piacere di fare il raffronto con il quale, proprio attraverso gli “altari” moderni, si dà importanza a Gesù.

Ha visto qualcosa del Summer-gay pride di Rimini? Che ne dice dei numeri circolati (20-18mila secondo gli organizzatori)? E dei contenuti politici?

Ho visto qualche immagine sì. Ovviamente tutte scandalose, ma su questo non sorgevano dubbi. Una roba così avrebbe dovuto avere una condanna ferma e forte, gridata dai tetti di tutte le chiese. Per la paura di “dividere” chi di fatto è già diviso e ne va fiero si fanno passare come lecite simili manifestazioni che offendono gravemente Dio. Come mi diceva un saggio sacerdote diocesano qualche giorno fa, “mentre qui si ha paura di dividere questi si uniscono senza grossi problemi“. Truce ma vero. Riguardo ai numeri è sempre la stessa storia: i media abbassano e alzano a seconda delle loro preferenze; inutile dire quali siano in questo caso. 18.000-20.000 sono numeri assurdi, vorrebbe dire riempire quasi tutta l’Arena di Verona e dalle immagini mi sembra alquanto improbabile. Certo, se contano anche i passanti che vanno e vengono allora può essere. Così contando anche noi potremmo dire di essere stati in 2.000 circa. Ad ogni modo non importa: come già detto più volte la nostra battaglia non si fonda sui numeri ma sulla Verità, essenza impercettibile ed innumerabile per sua natura. I contenuti politici sono perfettamente in linea con l’omoideologia dilagante, altro neologismo che si prefigge lo scopo di portare il “gay fashion” nel mondo. La signora Cirinnà ne è il perfetto ritratto.

Restiamo sul tema politico. Come giudica la legge Cirinnà? A suo parere andranno in porto altre leggi volute dai progressisti, come stepchild adoption, cittadinanza facile agli immigrati, legalizzazione delle droghe, DAT e magari un domani eutanasia?

La “legge” Cirinnà non fa altro che attirare il castigo divino sulla società attuale. Non ho paura di dirlo e me ne infischio se qualcuno pensa che sia folle pensarlo; certuni sono stati imbavagliati e cacciati per aver detto questa semplice verità. Per il peccato del singolo sarà quest’ultimo a rendere conto se non si converte e non si confessa. Ma quando è una nazione a propagare un peccato pubblico allora questo, nonostante la società non abbia un’anima, attira l’ira di Dio sopra tutta la popolazione giacché la società è il piano in cui Dio ha deciso che l’uomo esista e stia. Anch’essa è perciò sottoposta ad un giudizio e ad un castigo, epperò temporale, legato perciò al tempo terreno. Vi è inoltre un problema filosofico e giuridico legato alla “legge” per come si intende oggi: se la legge consiste nella sottomissione effettiva alla volontà del sovrano – nel nostro caso lo Stato – la giuridicità rinvia invece alla quintessenza del Diritto, ovvero alla conformità verso ciò che è Giusto e Vero. Un atto giusto può esser tale solo se ha il Giusto all’interno del suo contenuto, e soprattutto se è Vero, secondo quanto dice San Tommaso d’Aquino: la verità è infatti l’adeguazione del pensiero all’essere, il pensiero dev’esser conforme alla natura delle cose. Non vi è vera Legge se non si crea il giusto apporto con la giuridicità, e non esiste giuridicità se questa non rinvia al Diritto, cioè a ciò che è Giusto e Vero. Qui crolla la maschera della “dirittualità” liberale ed “hobbesianamente” materialista, che partorisce i cosiddetti “diritti” dalla Rivoluzione Francese, ponendoli da lì in avanti come personalistica espressione di armatura giuridica, deformando così la vera nozione di Diritto quale concetto di Giustizia, e sostituendola consequenzialmente con il volere e la pretesa egoistica del singolo individuo. Così proseguendo certo che andranno in porto tutte le “leggi” di cui lei mi chiede. Sarebbe meglio dire che molte di queste sono già in atto. Pensiamo ai continui omicidi di stato che si compiono in nome della “legge” 194; pensiamo alla sospensione fra la vita e la morte che devono subire tante vite umane attraverso la fecondazione in vitro, tutelate dalla “legge” 40, democristiana per eccellenza. In ultimo pensiamo all’assassinio di stato compiuto su Charlie Gard, dove un giudice ha deciso chi, come e quando una persona umana doveva morire. È l’era dei necroculturi, succhia sangue, propagatori di morte e sterili per eccellenza. Siamo di fronte al ritorno del sacrificio umano in tutta la sua demonicità.

C’è un partito politico cui fa riferimento? Che cosa faranno i cattolici tradizionalisti come voi alle prossime elezioni?

Non posso fare altro che parlare a titolo personale: alle prossime elezioni il cattolico Cristiano Lugli se ne starà a casa come tutte le altre volte. Vista la situazione attuale e la crisi di valori non mi permetto di giudicare un cattolico che va a votare per qualcosa che ritiene più simile alla sua impostazione. Io però non mi rispecchio veramente in nessun partito politico ed in nessun movimento. Per me non possono esistere compromessi e nemmeno una discesa verso il cosiddetto “male minore”. È proprio la democrazia a non essere in linea con il Cattolicesimo, per i discorsi che facevamo prima… Quando qualcuno metterà Cristo in tutto e per tutto davanti alla politica allora ci farò un pensiero, ma così stando le cose vedo un po’ utopica questa mia proposta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Area privata