di Daniele Casi

L’orribile strage compiuta a Parigi, lo scorso 13 novembre, riempie da giorni, com’è ovvio, i palinsesti dei mezzi di comunicazione. A ciclo continuo, in un crescendo di dettagli sugli orrori e la conta dei morti e dei feriti di quel tragico venerdì sera, un diluvio di commenti, teorie ed analisi è stato riversato su tutti noi. Ad un certo punto, io ho tolto l’audio e guardando solo lo scorrere dei servizi, ho individuato quella che mi è parsa la vera immagine simbolo di quest’atto di barbarie. Quella che credo riassume il vero dramma, non solo della Francia, ma di tutto l’Occidente ed in particolare dell’Europa che fu cristiana.

Parlo della distesa di lumini, candele, fiori e messaggi che un incessante “pellegrinaggio” di uomini e donne d’ogni età e razza va deponendo ai piedi della monumentale colonna di Place de la République, alla cui sommità è posta la statua di Marianna, l’allegorica figura che simboleggia la nazione nata dall’89 e fondata sulle tre parole-mantra ‘Liberté – Egalité – Fraternité’. La piazza, va detto, era già stata scenario della reazione popolare all’attentato di gennaio contro i blasfemi vignettisti del settimanale Charlie Hebdo, tuttavia il fatto è significativo.

Il popolo parigino affranto, impaurito, incerto e tribolato, non va a raccogliersi in preghiera a Notre-Dame; non va ad invocare la protezione ed il conforto della Regina del Cielo; non va a chiedere la sua intercessione presso il Figlio. Al contrario, con un intenso afflato, che si potrebbe definire religioso, va a prostrarsi all’idolo della République, a quel moloch laicista, anzi, scopertamente massonico, le cui istituzioni statuali hanno brillato per la patente incapacità di assicurare, anche in questa occasione, quella pace sociale fondata sul diritto positivo che, lassù, in cima alla colonna, Marianna ostende con il ramoscello d’ulivo in una mano e le tavole della legge nell’altra. Mi è venuto di paragonare queste immagini ad una scena del film-kolossal “I Dieci Comandamenti” di Cecil B. De Mille; quella in cui il Faraone Ramesse offre incenso agli idoli per chiedere la salvezza del suo primogenito ormai morente a causa dell’iniquità paterna.

“Dove Dio non regna – ripeteva spesso un santo sacerdote – lì dominano morte, fame, carestia, persecuzione, sfruttamento, deportazioni, uccisioni ed ogni altro flagello” e citando la prima omelia da Papa, di Jorge Mario Bergoglio, si potrebbe perfino aggiungere: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Sarà, infatti, certamente un caso, ma i poveri spettatori del Teatro Le Bataclan, sono stati giustiziati mentre il gruppo rock Eagles of Death Metal eseguiva un vero e proprio inno a Satana, il brano Kiss the Devil il cui refrain dice testualmente: “Chi amerà il diavolo? Chi canterà la sua canzone? Io amerò il diavolo e la sua canzone!”.

Poveri francesi figli della falsa libertà, della fittizia eguaglianza, della massonica fratellanza. L’idolo muto e sordo in cima alla colonna non ascolta le loro preghiere; non li aiuta adesso e non li potrà aiutare per il prossimo macello. Quello che le autorità, mettendo già avanti le mani, dichiarano inevitabile e vicino. Poveri francesi e poveri tutti noi, cristiani di un'Europa volontariamente dimentica del suo battesimo. Povera chiesa “nata dal Concilio” che hai allevato, ormai, tre generazioni di cattolici debosciati! Ciechi guidati da altri ciechi; come quel religioso, parroco di S. Giovanni dei Fiorentini al Vomero (Napoli) che, al termine della Messa domenicale, ha fermato l’uscita dei fedeli per far loro ascoltare La Marsigliese! L’inno che durante la “gloriosa rivoluzione” fece da colonna sonora allo scorrere di fiumi di sangue, specialmente cattolico, in tutta la Francia, ha suscitato, come raccontava il quotidiano ‘Il Mattino’: "forte commozione fra i fedeli"!

Un importante uomo di chiesa, certamente non tacciabile di tradizionalismo e tantomeno di tendenze ‘cripto-lefebvriane’, il cardinale Giacomo Biffi da poco scomparso, disse ormai tre lustri fa: “Io penso che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà mussulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la “cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa “cultura del niente” (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell”‘avvenimento cristiano” come unica salvezza per l’uomo ­e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».

Poiché questa risurrezione non sembra prioritaria ‘colà dove si puote’ e visto che, come l’esperienza insegna, il vuoto tende ad essere riempito, quelle mille, flebili lucine, là, sotto Marianna, paiono destinate a spegnersi. Allora sarà buio. Buio davvero.