san pietro taglia l'orecchio a malcodi don Gabriele D'Avino

“La fortuna aiuta gli audaci”. Non è sempre vero. Varie sono le cause individuate da S. Tommaso per questa passione, e, in primo luogo, il temperamento personale e le circostanze esterne; poi, di certo, anche gli avvenimenti fortuiti.

Come tutte le altre passioni, l’Audacia è un movimento della facoltà appetitiva che fa seguito all’apprensione sensibile di un oggetto; in questo caso, l’oggetto è cattivo e tale movimento consiste appunto nell’aggredire la difficoltà per superarlo ed eliminarlo.

C’è dunque un’affinità con la passione di Speranza, che consiste nel desiderare un bene considerato come possibile: la differenza però è che l’Audacia, pur avendo presente il bene in questione come fine, si dirige principalmente sul male che ostacola l’ottenimento di questo bene, male che deve appunto superare e “aggredire”. Un bambino, alla vista di un giocattolo ardentemente desiderato che però giace su un ripiano alto di un mobile, ha due possibilità: o contemplarlo con occhi tristi per la difficoltà nell’ottenerlo, o cominciare ad arrampicarsi sugli scaffali…naturalmente la scelta dipenderà dalla sua passione prevalente.

Questo ci porta a parlare delle cause dell’audacia, che San Tommaso divide in due[1]: quelle che derivano dal movimento stesso della facoltà appetitiva (che il padre Ramirez chiama psicologiche[2]) e quelle che invece riguardano il mutamento corporale (fisiologiche).

Quanto alle prime, l’Audacia nell’uomo può innanzitutto derivare dalla Speranza, quando cioè, essendoci buoni motivi per farci ritenere che abbiamo la concreta possibilità di ottenere un bene, sentiamo anche che abbiamo la forza di superare l’ostacolo che lo impedisce; e ciò, sia basandosi su di sé (la propria forza fisica, l’esperienza di episodi simili del passato, l’abbondanza di ricchezze, ecc.), sia basandosi su altri (ad es. l’abbondanza di amici o comunque di aiuti esterni).

Nel caso che abbiamo esposto, il bambino può decidere di tentare la conquista del giocattolo apparentemente inaccessibile vedendo (o credendo di vedere) la propria abilità fisica nell’arrampicarsi, o ricordando di esservi riuscito in passato con un altro giocattolo, e così via.

Ma l’audacia è causata anche dall’esclusione della passione opposta, cioè il Timore: quando cioè non ci sono motivi di aver paura si è più facilmente portati a tentare un’impresa. Ad esempio, un certo timore può originarsi nel mafioso che esca per strada sapendo di avere una moltitudine di nemici; l’uomo che al contrario non ha mai fatto del male a nessuno, non avendo motivo di temere vendette o cose simili, può ardire, ad esempio, attraversare una strada deserta abitualmente malfrequentata anche da solo.

Quanto invece alle cause fisiologiche, che riguardano cioè il mutamento corporale che sempre si accompagna alle passioni, l’Angelico Dottore si appoggia sulle riflessioni di Aristotele nel De partibus animalium, dove il Filosofo afferma che sono più audaci gli animali che hanno il cuore più piccolo, perché più facilmente il sangue vi circola e più presto lo riscalda: l’idea è infatti che il calore nel corpo provoca l’Audacia, mentre la sua assenza, facendo contrarre i muscoli, genera invece il Timore (caratterizzato, non per nulla, da fenomeni di brividi e tremore…). È anche per questo infatti che l’ebrietà (o l’alcool in generale) è accidentalmente causa dell’Audacia, poiché spinge a fare cose che non si farebbero se non si fosse “riscaldati” corporalmente.

C’è da dire, tuttavia, e qui appare la riflessione geniale dell’Aquinate, che l’Audacia come passione si distingue nettamente dalla virtù di Forza, la quale ha, sì, la sua sede nell’appetito sensitivo, ma procede dalla ragione e non dai soli impulsi sensibili; ciò vuol dire che il “forte” ha la capacità di sostenere il male ed aggredirlo, ma non necessariamente da subito (come farebbe l’audace o semplicemente l’impavido), bensì ragionevolmente, a tempo debito.

Per cui ecco l’apparente contrasto: l’audace, secondo San Tommaso, poiché reagisce d’istinto (le passioni hanno la loro sede nell’appetito sensitivo che è una facoltà inferiore alla ragione) può facilmente aggredire il pericolo appena lo riscontra, ma poi nel corso dell’azione, rendendosi pienamente conto della difficoltà e della sua possibile incapacità a raggiungere l’obiettivo, desistere dal proposito. In realtà, spesso, gli audaci sono dei timidi mascherati.

Ma al contrario l’uomo veramente forte non è escluso che possa inizialmente sembrare timido, ed anche tremare[3], salvo poi, dopo aver deliberato, proseguire l’opera con perseveranza e dimostrando di saper superare gli ostacoli non solo con la passione, ma anche e soprattutto con la virtù.

Perciò, attentamente considerate le caratteristiche della passione di Audacia e della virtù di Forza, San Tommaso conclude che gli adulti hanno più facilmente quest’ultima, mentre nei giovani e nei bambini, data l’inesperienza e la minore propensione al ragionamento, più spesso si riscontrerà la passione.

 


[1] S.T., Ia IIae, Q. 45 a. 3 c.

[2] De passionibus animae, t. V, n° 551 ss.

[3] Ibidem, n° 555

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