Joselito Panzica

Il 30 giugno prossimo ricorrerà una data storica. Venticinque anni fa, infatti, Mons Lefebvre consacrò ben quattro Vescovi. Perché un ministro di Dio, noto per la sua prudenza e amore verso il Papato, fece una scelta così coraggiosa? Semplicemente perché a malincuore dovette attestare che si era creato un solco: da una parte la chiesa modernista con la sua nuova religione ecumenica, gli incontri di Assisi, la democrazia nelle proprie istituzioni, la laicità da difendere e la nuova liturgia creata assieme ai protestanti, dall’altra, la Roma dei Papi, quella Eterna, quella dei marinai di Lepanto e dei missionari martirizzati per convertire le anime!

 

Come ebbe a scrivere lo stesso Mons. Lefebvre nell’oramai famosa dichiarazione del 1974,
“Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità.
Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite.”

Purtroppo per noi, oggi come venticinque anni fa, quella Rivoluzione non si è arrestata, anzi non solo ha proseguito indisturbata la sua corsa, ma –come un tumore maligno- è penetrata in diverse misure e gradi anche tra i cosiddetti “tradizionalisti”, portando a un paradosso unico: pensiamo da cattolici, ma viviamo come il mondo! E per questo motivo che, provocatoriamente, affermo: “Grazie a Dio vi è la crisi nella Chiesa, almeno così possiamo illuderci di essere ancora cattolici!
Teoricamente rabbrividiamo solo a sentire il motto liberal-massonico “libera Chiesa in libero Stato” e rispondiamo ad esso ed ai principii della rivoluzione con gli slogan, quasi da curva, tipo “Abbasso il Concilio!”, “W la Messa Tridentina”, “W la famiglia cattolica”…ma ci siamo mai chiesti fino in fondo cosa facciamo nella pratica? Siamo cattolici o applichiamo i principi rivoluzionari?

Quanti genitori sono disposti a non mandare più i propri figli alla scuola pubblica? Si afferma di capire il problema (che non è solo una questione di cosa insegnano, ma anche di modo di educare e delle compagnie che si frequentano), ma nessuno osa portali in una scuola autenticamente cattolica (non quelle filo-parrocchiali peggiori delle pubbliche).
Si è tradizionalisti, ma si fa finta di ignorare il divieto da parte dei Papi, di delegare l’educazione dei figli a istituzioni laiche! (cfr. ”Divini Illius Magistri” di Pio XI), Meno male che c’è Papa Francesco e non Pio XI, se no oggi non potremmo definirci cattolici! Però, c’è la crisi nella Chiesa, e allora l’educazione dei propri figli non è importante quanto conoscere i colori liturgici o sapere se il sacerdote applica senza imperfezioni di sorta le rubriche! Il resto poi, passa in cavalleria: in fondo se abbiamo capito il problema noi, perché non dovrebbero capirlo i nostri figli, che sono immuni dal marcio che viene insegnato e vissuto? (sic!)

E se oggi ci fosse Pio XII? Le donne potrebbero liberamente gridare: “No, all’aborto!”, “No al divorzio”, “W la famiglia cattolica”! Ma forse, però, dovrebbero realmente pensare di fare le mogli e madri e non le donne in carriera ….“Oggi è necessario avere un doppio stipendio!”.? Necessario per la vacanza in Costa Azzurra o la casa grande, ma non certo per la buona educazione dei propri figli (parcheggiati nei nidi, asili o scuole materne), o per la stabilità del proprio matrimonio, vista l’immoralità dilagante negli ambienti di lavoro, promiscui e malsani E' vero, non bisogna assolutizzare ed è doveroso ricordare che la donna ha sempre lavorato per reali necessità economiche, ma mai per sentirsi “realizzata”, perché la vera realizzazione è tra le mura domestiche al fianco del proprio marito e dei propri figli.

Certo, noi siamo “tradizionalisti” e tutto è consentito! Del resto noi, migliori dei nostri genitori o nonni, possiamo permetterci di uscire la sera e tornare a ore improponibili, andare in vacanza con il fidanzato/a di turno, vestire come moda ci comanda o andare in spiaggia vestiti sconciamente (in bikini ad esempio), o frequentare facoltà pericolose per la nostra fede. Erano i nostri nonni, poveri peccatori e ignoranti, che non sapevano neanche in cosa consistesse la questione del “substit in”, a non poter fare tutto ciò! Noi che abbiamo capito fino in fondo i problemi del Concilio e sappiamo qualsiasi cosa di liturgia o canto gregoriano, possiamo tranquillamente comportarci mettendo in pericolo la nostra anima….Poveri noi! Quanto poco abbiamo capito! E quanto ha capito satana delle nostre debolezze e del nostro orgoglio!

Se ci fosse una macchina del tempo e questa ci riportasse negli anni ’30, dopo i primi giorni di esaltazione inizieremo a piangere desiderando di tornare nel tanto odiato 2013, fatto di FaceBook e smartphone, di chat e amicizie che si possono stringere senza troppi formalismi, di Domeniche in cui siamo dispensati dall’andare a Messa (tanto c’è la crisi), e di diritti da reclamare a ogni respiro: in una sola parola ci riscopriremo non essere cattolici, ma vivere un cattolicesimo ideale, fatto di pura astrazione, di tanta ideologia e tanto liberalismo!
Scopriremo che l’ideale per un uomo non è fare il “militante” a tempo indeterminato tra i banchi universitari, ma finire al più presto gli studi, trovarsi un lavoro e farsi una famiglia! Si, perché il lavoro è sudore che costa, sudore che è sempre esistito non solo ora che viviamo nell’epoca in cui comandano i banchieri cattivoni, ma anche quando c’era chi faceva arrivare i treni in orario.

Sembrano assurdità le cose scritte sopra? Se la risposta è affermativa, questa è la dimostrazione che il liberalismo ha vinto sulle nostre menti e ci illudiamo di esserne immuni sognando un ritorno a quella civiltà che ha fatto grande l’Europa, dimenticando che a farla grande non sono stati solo i grandi generali o cavalieri, ma soprattutto uomini e donne anonimi che, con l’adempimento dei propri doveri di stato o i loro Rosari quotidiani (recitati magari anche in un latino non perfetto), hanno permesso ai “militanti” di vincere: sono queste le persone che oggi mancano e se non torneremo a vivere concretamente da cattolici, allora questa crisi perdurerà, perché non meriteremo la sua fine. La crisi non si risolve solo eleggendo un novello San Pio X, ma soprattutto ritornando a convertire noi stessi.

Ben vengano, dunque, le marce, le militanze, le conferenze e i proselitismi, necessari per riaccendere lo spirito cattolico e difendere pubblicamente la nostra Fede (da prendere come esempio i cattolici francese scesi in piazza contro i concubinaggi omosessuali), ma prima di sognare di convertire il mondo, chiediamoci se il nostro vivere è cattolico, come era cattolico quello dei nostri padri. Mons. Lefebvre ne è stato la prova! Ha costruito la sua opera poco per volta, facendosi guidare dalla Provvidenza, senza cadere nella presunzione di essere infallibile e chiedendosi sempre se le sue scelte provenissero da Dio e non dal suo orgoglio! Solo così facendo ha potuto lasciarci in eredità un tesoro così grande e prezioso.
Che questo 30 giugno possa essere un giorno di riflessione per noi stessi.

Fonte: Tradizione.biz

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