25 anni dopo le consacrazioni episcopali

di don Régis de Cacqueray

Sono ormai passati 25 anni dalle consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988!
Questo quarto di secolo ci offre una prima retrospettiva per meglio apprezzare quanto fosse ben fondata la decisione assunta allora dal fondatore della Fraternità San Pio X, Mons. Marcel Lefebvre.

È giocoforza constatare che i cattolici del mondo intero, nel corso di questo lungo lasso di tempo, non hanno visto emergere nessuna altra figura di grande vescovo cattolico che fosse rimarchevole. L’indebolimento e il traviamento della dottrina hanno chiaramente provocato l’indebolimento e il traviamento dei caratteri e delle personalità.
Tolti Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer, quale altro vescovo di questi ultimi decenni resterà nella storia della Chiesa di questo periodo?
Se non bisogna dimenticare il coraggioso ritorno alla Tradizione di Mons. Salvador Lazo nel 1995, resta il fatto che questo vescovo filippino a riposo è stato, purtroppo, l’unica eccezione di questo quarto di secolo. Di contro, le macerie universali mostrano in tutta evidenza i frutti avvelenati dell’aggiornamento…

Certo, oggi come 25 anni fa, si parla facilmente di vescovi o di cardinali “conservatori”; ma cosa significa esattamente questo termine?
In generale, esso indica una certa fermezza nell’ambito della morale, un’opposizione agli eccessi che genera la Messa di Paolo VI, cioè una sensibilità a favore della Messa di San Pio V; ma non indica mai un’opposizione reale e pubblica alle innovazioni del Concilio.
È possibile citare il nome di un solo prelato, etichettato come “conservatore”, che abbia protestato pubblicamente contro gli innumerevoli scandali ecumenici o interreligiosi che continuano a verificarsi a Roma?

Vero è che certuni ne sono rimasti scossi ne loro foro interno e hanno espresso delle discrete riserve a riguardo. L’uno o l’altro ha scritto una lettera privata al Papa per esprimergli le sue lamentele e si è perfino arrischiato a scrivere la prefazione di un libro per criticare una devianza indubbiamente favorita dal Concilio [Mons. Mario Oliveri ha scritto la prefazione al libro di Mons. Brunero Gherardini: Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare]. Ma nessuno, in 25 anni, si è realmente sollevato, come San Paolo di fronte a San Pietro o come Mons. Lefebvre di fronte a Paolo VI.
Ora, è proprio questa incredibile promozione dell’uguaglianza delle religioni che ha la maggiore responsabilità della perdita della fede e dell’indebolimento del cattolicesimo.

Se non ci fossero stati la Fraternità San Pio X e i suoi vescovi, consacrati da Mons. Lefebvre, a contestare pubblicamente i discorsi e gli atti dei papi conciliari che si sono susseguiti sul trono di Pietro in questi 25 anni – discorsi e atti davvero rovinosi per le anime – , non sarebbe stato possibile assicurare la professione della fede cattolica, che comporta necessariamente la denuncia degli errori che si oppongono ad essa. Il relativismo religioso indotto dal Concilio avrebbe trionfato dappertutto senza che una sola voce discordante si facesse sentire, ad eccezione di quella di alcuni sacerdoti, che ben presto sarebbero stati condannati a sparire, senza alcuna speranza di seguito.

Sono dunque le consacrazioni episcopali del 1988, e solo esse, che hanno permesso, non solo la sopravvivenza della fede nelle roccaforti tradizionali, ma anche e soprattutto il perdurare di un’energica protesta contro il dialogo e la fratellanza fra tutte le religioni, chiamate a realizzare un’unione fittizia in favore della pace nel mondo sotto la presidenza della Roma conciliare.

Stiamo entrando nel secondo quarto di secolo successivo alle consacrazioni episcopali del 1988. Certo, noi speriamo con tutto il cuore che il ritorno dei vescovi e dei papi alla Tradizione avvenga nel corso di questo nuovo periodo e supplichiamo il Cielo perché sia così.
Ma chi sa che cosa ci riserva l’avvenire? Quanto tempo ancora durerà questa crisi?
L’insipidimento del cattolicesimo e la crisi che esso attraversa non sono sufficienti a distogliere l’odio che si nutre contro di esso. È possibile che negli anni a venire proprio questo anticristianesimo, ogni anno più violento, sia per noi provvidenziale, perché costringerà i cattolici che abbiano quantomeno conservato la fede ad abbandonare le utopie conciliari per avere la forza d’animo di restare cattolici.

Per quanto ci riguarda, noi dobbiamo rimanere fermamente legati alla fede cattolica, sforzarci di trasmetterla alla generazione seguente e chiedere la grazia di essere trovati fedeli nell’ora della nostra morte. «Ho trasmesso ciò che ho ricevuto»: è questa la semplice frase iscritta sulla tomba del nostro fondatore. Noi non vogliamo fare altro che questo e ne chiediamo umilmente la grazia a Dio.

Don Régis de Cacqueray † Superiore del Distretto di Francia

 Fonte: La Porte Latine

 

 

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