Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

 

 

Parte Quarta - Una rivoluzione in tiara e piviale.

Capitolo XXXII - Un liberalismo suicida: le riforme postconciliari

 

Gli spiriti leali e un pochino chiaroveggenti parlano della «crisi della Chiesa» per designare l’epoca postconciliare. Un tempo si parlava della «crisi ariana», della «crisi protestante», ma non si è mai parlato della «crisi della Chiesa» … Ma, sfortunatamente, non tutti sono d’accordo nell’attribuire le stesse cause a questa tragedia. Il Cardinale Ratzinger, per esempio, vede bene la crisi, ma assolve totalmente il Concilio e le riforme postconciliari. Comincia riconoscendo la crisi:

«I risultati che hanno seguito il Concilio sembrano crudelmente opposti all’aspettativa di tutti, a cominciare da quella di Papa Giovanni XXIII, poi di Paolo VI […]. I Papi e i Padri conciliari si aspettavano una nuova unità cattolica e, al contrario, si è andati verso un dissenso che, per riprendere le parole di Paolo VI, sembra esser passato dall’autocritica all’autodistruzione. Ci si aspettava un nuovo entusiasmo, e invece si è giunti troppo spesso al tedio e allo scoraggiamento. Ci si aspettava un balzo in avanti e al contrario ci si è trovati dinanzi ad un processo evolutivo di decadenza…» (261).

Ecco poi la spiegazione che il Cardinale dà della crisi:

«Io sono convinto che i danni che noi abbiamo subito in questi venti anni non sono dovuti al “vero” Concilio, ma al manifestarsi, all’interno della Chiesa, di forze latenti aggressive e centrifughe: e all’esterno, tali danni sono dovuti all’impatto di una rivoluzione culturale in Occidente: l’affermarsi di una classe media superiore, la nuova “borghesia del terziario”, con la sua ideologia liberal-radicale di tipo individualista, razionalista, edonista» (262).

E un po’ più in là ancora, il Cardinale Ratzinger denuncia chi secondo lui è il vero responsabile «interno» della crisi: un «anti-spirito del Concilio»:

«Già all’epoca della sedute, poi sempre di più durante il periodo successivo, si è contrapposto un preteso “spirito del Concilio” che, in realtà, è un autentico “anti-spirito”. Secondo questi perniciosi Konzils-Ungeist, tutto quel che è “nuovo” (o presunto tale: quante antiche eresie in questi anni, presentate come novità!) sarebbe sempre, qualunque cosa sia, meglio di quel che è stato o di quel che è. È l’anti-spirito secondo il quale la storia della Chiesa dovrebbe cominciare a partire dal Vaticano II, considerato come una sorta di punto zero» (263).

A questo punto il Cardinale propone la sua soluzione: ritornare al vero Concilio, considerandolo non «come un punto di partenza da cui ci si allontana correndo, ma piuttosto come una base sulla quale bisogna costruire solidamente».

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Ammetto certamente delle cause esterne della crisi della Chiesa, in particolare una mentalità libera e gaudente che si è diffusa nella società, anche cristiana, ma cos’ha fatto di preciso il Vaticano II per opporvisi? Nulla! O piuttosto, il Vaticano II non ha fatto che spingere in questo senso! Mi servirò di un paragone: cosa pensereste se dinanzi alla minaccia di un maremoto il governo olandese decidesse un bel giorno di aprire le sue dighe per evitare l’urto? E in seguito si scusasse, dopo l’inondazione totale del paese: «Non ne abbiamo colpa, è il maremoto!». È esattamente quello che ha fatto il Concilio: ha aperto tutti gli sbarramenti tradizionali allo spirito del mondo dichiarando l’apertura al mondo, con la libertà religiosa, con la Costituzione pastorale «La Chiesa nel mondo contemporaneo» (Gaudium et spes), che sono lo spirito stesso del Concilio, e non l’anti-spirito!

Quanto all’anti-spirito, ammetto sì la sua esistenza al Concilio e dopo il Concilio, con le opinioni assolutamente rivoluzionarie dei Küng, dei Boff, etc. … che hanno lasciato parecchio indietro i Ratzinger, i Congar, ecc. Concedo che questo anti-spirito ha completamente fatto incancrenire i seminari e le università; e qui, il Ratzinger universitario e teologo vede bene i guasti: è il suo campo.

Ma io sostengo due cose: quel che il Cardinale Ratzinger chiama «anti-spirito del Concilio» non è che il risultato estremo delle teorie dei teologi che furono esperti al Concilio! Fra lo spirito del Vaticano II e il sedicente anti-spirito, io non vedo che una differenza di grado, e mi sembra fatale che l’anti-spirito abbia influito sullo spirito stesso del Concilio. D’altra parte lo spirito del Concilio, questo spirito liberale che ho analizzato a lungo in precedenza (264), e che è alla radice di quasi tutti i testi conciliari e di tutte le riforme che ne sono seguite, deve essere esso stesso posto sotto accusa.

In altre parole, «io accuso il Concilio» mi sembra la risposta necessaria a «io scuso il Concilio» del Cardinale Ratzinger! Mi spiego: io sostengo, e lo proverò tra poco, che la crisi della Chiesa si riconduce essenzialmente alle riforme postconciliari emanate dalle autorità più ufficiali della Chiesa e in applicazione della dottrina e delle direttive del Vaticano II. Nulla dunque di marginale o sotterraneo nelle cause essenziali del disastro postconciliare! Non dimentichiamo che sono gli stessi uomini e innanzitutto lo stesso Papa, Paolo VI, che hanno fatto il Concilio e che in seguito lo hanno applicato nel modo più metodico e più ufficiale del mondo, usando la loro autorità gerarchica: così il nuovo messale di Paolo VI è stato «ex decreto sacrosanti œcumenici concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli PP. VI promulgatum».

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Sarebbe dunque un errore dire: «Ma le riforme non hanno la loro origine nel Concilio». Senza dubbio, su certi punti, le riforme hanno sorpassato la lettera del Concilio; per esempio, il Concilio non aveva richiesto la soppressione del latino nella liturgia, aveva soltanto domandato l’introduzione della lingua volgare; ma come vi ho già detto, nella mente di coloro che hanno aperto questa piccola porta, l’obiettivo era quello di arrivare al mutamento radicale. Ma in definitiva, è sufficiente constatare che tutte le riforme fanno ufficialmente riferimento al Vaticano II: non solo le riforme della messa e quella di tutti i sacramenti, ma anche quelle delle congregazioni religiose, dei seminari, delle assemblee episcopali, la creazione del sinodo romano, la riforma della relazioni fra la Chiesa e gli Stati, ecc.

Mi limiterò a tre di queste riforme: la soppressione del Sant’Uffizio, la politica apertamente filocomunista del Vaticano e il nuovo concordato fra la Santa Sede e l’Italia. Qual è stato lo spirito di queste riforme?

 

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261) Entretien sur la foi, Fayard, Paris 1985, pp. 30-31.

262) Op. cit., pp. 31-32.

263) Op. cit., pp. 36-37.

264) Capitolo XXV.

 

 

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