dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

Seconda Parte - Il Cattolicesimo Liberale.

Capitolo XV - Il grande tradimento

 

Alla dottrina cattolica del Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo e dell’unione fra la Chiesa e lo Stato, i liberali detti cattolici obiettano ch’essa è senza dubbio vera, ma inapplicabile, anche nei paesi cattolici:

- In teoria, si può accettare la tesi proposta dai Papi e dai teologi.

- In pratica, bisogna cedere alle circostanze e porsi risolutamente nell’ipotesi di promuovere il pluralismo religioso e la libertà di culti:

«I liberali cattolici rispondono continuamente che hanno una volontà di ortodossia uguale a quella dei più intransigenti e che la loro unica preoccupazione è per gli interessi della Chiesa; la conciliazione che hanno cercato non è teorica, astratta, ma pratica» (115).

È la famosa distinzione tra la tesi (la dottrina) e l’ipotesi (la pratica in circostanze date). Questa distinzione, vi prego di rilevarlo, è suscettibile di un’interpretazione corretta: l’applicazione dei princìpi deve tener conto delle circostanze, e ciò si attua tramite la cautela, che è una parte della virtù di prudenza. Così, la presenza in una nazione cattolica di forti minoranze mussulmane, ebree e protestanti potrà suggerire una tolleranza di tali culti in una città del resto cattolica, da parte di uno Stato che continua a riconoscere la vera religione, poiché crede al Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo!

Ma attenzione! per i cattolici liberali non si tratta di questo! Secondo costoro, nella pratica, i princìpi, che sono tuttavia per definizione regole d’azione, non devono essere applicati né predicati perché, dicono, sono inapplicabili. Ciò è evidentemente falso: bisogna rinunciare a predicare e ad applicare i comandamenti di Dio «non avrai che un solo Dio», «non uccidere», «non commettere adulterio», perché le persone non ne vogliono più sapere? Perché la mentalità tende a liberarsi da ogni tutela morale? Bisogna rinunciare al Regno sociale di Gesù Cristo nei Paesi col pretesto che Maometto o Budda vi reclamano un posto? Insomma, costoro rifiutano di credere all’efficacia pratica della verità. Pensano di poter ancora affermare i princìpi cattolici, in teoria, e agire sempre in maniera contraria a questi princìpi: è l’incoerenza intrinseca dei liberali detti cattolici.

Ecco cosa ne dice il Cardinale Billot, s.j.:

«Il liberalismo dei “cattolici liberali” sfugge ad ogni classificazione, e non ha che un’unica nota distintiva e caratteristica, quella della perfetta ed assoluta incoerenza» (116).

E il Cardinale nota che la qualifica stessa di «cattolico liberale» è una contraddizione in termini, un’incoerenza, dal momento che «cattolico» suppone sottomissione all’ordine umano e divino delle cose, mentre «liberale» significa appunto emancipazione da quest’ordine, rivolta contro Nostro Signore Gesù Cristo.

Ecco, per finire, come il Cardinale Billot giudica la famosa distinzione fra tesi e ipotesi dei liberali detti cattolici:

«Dal fatto che l’ordine concreto delle cose differisce dalle condizioni ideali della teoria, ne deriva che le cose concrete non avranno mai la perfezione dell’ideale, ma non ne deriva nulla di più».

Così, dal fatto dell’esistenza di minoranze dissidenti in una nazione cattolica, segue che l’unanimità religiosa non sarà mai perfettamente realizzata, forse, che il regno sociale di Gesù Cristo non avrà mai la perfezione che espongono i princìpi; ma non ne consegue che questo Regno sia da escludere in pratica e che il pluralismo religioso debba divenire la regola!

Voi già dunque vedete che nel cattolicesimo liberale (termine che io utilizzo con ripugnanza, perché è una bestemmia) c’è un tradimento dei princìpi che si rifiuta di riconoscere, un’apostasia pratica dalla fede nel Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. È a buon diritto che si può dire «il liberalismo è un peccato» (117), parlando del liberalismo cattolico.

C’è anche, e vi ritornerò nella prossima conversazione, un confusionismo intellettuale al fondo di questo errore, una smania di mantenere la confusione, un rifiuto di definire alcunché: come questa confusione fra tolleranza e tolleranza religiosa: la tolleranza è un principio cattolico, ed in certe circostanze è un dovere di carità e di prudenza politica verso le minoranze; la tolleranza religiosa al contrario è un errore liberale che vuole accordare a tutti i dissidenti senza distinzione, in tutte le circostanze e in giustizia gli stessi diritti dei quali godono coloro che sono nella verità, morale o religiosa. Ora, come si può riscontrare in altri ambiti, fare della carità una giustizia significa sovvertire l’ordine sociale, significa uccidere la giustizia e la carità.

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115) DTC. T. IX, col. 509, articolo Liberalismo cattolico.

116) Padre Le Floch, Le Cardinal Billot, lumière de la théologie, p. 57.

117) Don Félix Sarda y Salvany.

 

 

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