dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

 

Prima Parte - Il Liberalismo. Principi ed applicazioni.

Capitolo III - Nostro Signore Gesù Cristo e il liberalismo - seguito -

 

 […] Il liberalismo, come ho spiegato, è l’anima di ogni rivoluzione, ed è anche, sin dalla sua nascita nel XVI secolo, l’onnipresente nemico di Nostro Signore Gesù Cristo il Dio incarnato.

 Dunque non c’è dubbio alcuno, posso affermare che il liberalismo si identifica con la rivoluzione. Il liberalismo è la rivoluzione in tutti i campi, la rivoluzione radicale.

 Monsignor Gaume ha scritto alcune righe sulla Rivoluzione che mi sembrano veramente caratterizzare il liberalismo stesso.

 «Se, strappandole la maschera, le chiederete (alla Rivoluzione): chi sei? essa vi dirà: “Io non sono quel che si crede. Molti parlano di me e pochissimi mi conoscono. Io non sono lo spirito carbonaro… né la sommossa… né il mutare della monarchia in repubblica, né la sostituzione di una dinastia all’altra, né il turbamento momentaneo dell’ordine pubblico. Io non sono né le urla dei Giacobini, né i furori della Montagna, né la lotta delle barricate, né il saccheggio, né l’incendio, né la legge agraria, né la ghigliottina, né l’affogamento. Io non sono Marat, né Robespierre, né Babeuf, né Mazzini, né Kossuth. Questi uomini sono i miei figli, non sono me. Quelle cose sono le mie opere, non sono me. Questi uomini e quelle cose sono fatti passeggeri e io sono uno stato permanente.

 Io sono l’odio per ogni ordine che l’uomo non ha stabilito e nel quale egli non è re e Dio insieme. Io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo senza cura per i diritti di Dio.

 Io sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo al posto della volontà di Dio.

 Io sono Dio detronizzato e l’uomo al posto di lui.

 Ecco perché mi chiamo Rivoluzione, cioè rovesciamento…» (25).

 

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 25) Monsignor Gaume, La Révolution, Recherches historiques, Secrétariat Société Saint Paul, Lille 1877, t. I, p. 18, citato da Jean Ousset, Pour qu’Il règne, p. 122.

 

 

 

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