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Commento di Sant'Agostino al Vangelo

Abramo, il padre vostro, esultò al pensiero di vedere il mio giorno; lo vide e ne gioì (Gv 8, 56). Magnifica testimonianza resa ad Abramo, dal discendente di Abramo, dal creatore di Abramo. Abramo esultò - dice - al pensiero di vedere il mio giorno. Non ebbe timore, ma esultò nella speranza di vedere. Era in lui la carità che caccia via il timore (cf. 1 Io 4, 18).

 

Non dice che esultò perché lo vide; ma che esultò nella speranza di vederlo. Credendo in lui, esultò nella speranza, in attesa di poterlo vedere mediante l'intelligenza. E vide. Cosa poteva, o cosa doveva dire di più il Signore Gesù Cristo? Lo vide e ne gioì.

Chi potrà esprimere questo gaudio, o fratelli miei? Se tanto gioirono coloro ai quali il Signore aprì gli occhi della carne, quale fu il gaudio di chi poté vedere con gli occhi del cuore la luce ineffabile, il Verbo che permane, lo splendore che rifulge nelle anime fedeli, la sapienza indefettibile, colui che come Dio dimora presso il Padre e che, senza abbandonare il seno del Padre, sarebbe venuto un giorno nella carne? Tutto questo vide Abramo. Quanto all'espressione il mio giorno, può riferirsi sia al giorno temporale del Signore in cui egli sarebbe venuto nella carne, sia al giorno del Signore che non ha aurora e non conosce tramonto. Ma io sono certo che il padre Abramo conosceva l'uno e l'altro giorno. E come lo provo? Dobbiamo contentarci della testimonianza di nostro Signore Gesù Cristo. Credo sia molto difficile, se non impossibile, precisare in che senso Abramo esultò al pensiero di vedere il giorno di Cristo, e in che senso vide e ne gioì. Ammettiamo pure l'ipotesi che non si riesca a trovare un passo dove risulti chiaro; dovremo concludere che la Verità ha mentito? Noi crediamo alla Verità, e non dubitiamo minimamente dei meriti di Abramo; tuttavia ascoltate un particolare che mi viene in mente ora. Quando il padre Abramo mandò il suo servo a cercare moglie per suo figlio Isacco, gli fece giurare che avrebbe compiuto fedelmente la missione con piena consapevolezza.

Si trattava infatti di una cosa importante, come era quella di procurare una sposa al discendente di Abramo. Ma affinché il servo si rendesse conto di quanto aveva appreso Abramo, di non desiderare cioè nipoti secondo la carne né di preoccuparsi della sua discendenza carnale, disse al servo nell'atto di congedarlo: Metti la tua mano sotto il mio fianco, e giura per il Dio del cielo (Gn 24, 2-3). Che relazione c'è tra il Dio del cielo e il fianco di Abramo? Subito scorgete qui un mistero: per mezzo del fianco si intende la discendenza. Cosa voleva dunque significare quel giuramento, se non che dalla discendenza di Abramo sarebbe venuto nella carne il Dio del cielo? Gli stolti rimproverano Abramo per aver detto: Metti la tua mano sotto il mio fianco. Coloro che criticano l'azione di Abramo sono quelli stessi che criticano la carne di Cristo. Invece noi, o fratelli, se riteniamo degna di venerazione la carne di Cristo non possiamo disprezzare il fianco di Abramo, ma consideriamo quel gesto come una profezia. E infatti Abramo era profeta. Profeta di chi? Profeta della sua discendenza e del suo Signore. Dicendo: Metti la tua mano sotto il mio fianco, si riferì alla sua discendenza; aggiungendo: e giura per il Dio del cielo, si riferì al suo Signore.

Adirati i Giudei risposero: Non hai ancora cinquant'anni, e hai veduto Abramo? E il Signore: In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, io sono (Gv 8, 57-58). Pesa le parole e intendi il mistero. Prima che Abramo fosse: fosse si riferisce alla creatura umana; sono si riferisce alla divina essenza. Fosse, perché Abramo era una creatura. Non disse il Signore: Prima che Abramo esistesse, io ero; ma disse: Prima che Abramo fosse fatto - e non poté esser fatto se non per mezzo di me -, io sono. Neppure disse: Prima che Abramo fosse fatto, io sono stato fatto. In principio - infatti - Dio fece il cielo e la terra; e in principio era il Verbo. Quindi, prima che Abramo fosse, io sono. Riconoscete il Creatore, non confondetelo con la creatura. Colui che parlava era discendente di Abramo; ma perché potesse chiamare Abramo all'esistenza, doveva esistere prima di lui.

Crebbe il loro furore come se apertamente il Signore avesse insultato Abramo. L'affermazione, infatti, di Cristo Signore: Prima che Abramo fosse fatto, io sono, per loro suonò come bestemmia. Presero, allora, dei sassi per tirarglieli. Tanta durezza a che cosa poteva ricorrere se non ai sassi, ad essi somiglianti? Ma Gesù reagì come uomo, secondo la sua forma di servo, secondo la sua umiltà come chi avrebbe dovuto patire, morire e redimerci con il suo sangue; non come colui che è, cioè non come Verbo che era in principio, e Verbo presso Dio. Quando dunque quelli presero i sassi per tirarglieli, che meraviglia se la terra immediatamente si fosse aperta per inghiottirli, sicché, invece dei sassi, avessero trovato l'inferno? Ciò non sarebbe costato molto a Dio, ma era sua intenzione manifestare piuttosto la pazienza che la potenza. Gesù, dunque, si nascose, per non essere lapidato. Come uomo si difende dai sassi, allontanandosi; ma guai a coloro dai quali Dio si allontana perché hanno il cuore di sasso!

Tratto da: Sant'Agostino, Omelia 43 sul Vangelo di San Giovanni

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