di dom Guéranger

papa_e_rosa_d_oroQuesta Domenica chiamata Laetare, dalla prima parola dell'Introito della Messa, è una delle più celebri dell'anno. In questo giorno la Chiesa sospende le tristezze della Quaresima; i canti della Messa non parlano che di gioia e di consolazione; si fa risentire l'organo, rimasto muto nelle tre Domeniche precedenti; il diacono riveste la dalmatica e il suddiacono la tunicella; è consentito sostituire i paramenti violacei coi paramenti rosa. Gli stessi riti li abbiamo visti praticare durante l'Avvento, nella terza Domenica chiamata Gaudete. Manifestando oggi la Chiesa la sua allegrezza nella Liturgia, vuole felicitarsi dello zelo dei suoi figli; avendo essi già percorso la metà della santa quaresima, vuole stimolare il loro ardore a proseguire fino alla fine.

 

La Stazione è, a Roma, nella Basilica di S. Croce in Gerusalemme, una delle sette principali chiese della città eterna. Disposta nel IV secolo nel palazzo Sessoriano, per cui venne pure chiamata Basilica Sessoriana, essa fu arricchita delle più preziose reliquie da sant'Elena, la quale voleva farne come la Gerusalemme di Roma. Con questo proposito, ella vi fece trasportare una grande quantità di terra prelevata sul Monte Calvario, e depositò in questo tempio, insieme ad altri cimeli della Passione, l'iscrizione sovrapposta sulla testa del Salvatore mentre spirava sulla Croce; tale scritta ivi ancora si venera sotto il nome del Titolo della Croce. Il nome di Gerusalemme legato a questa Basilica ravviva tutte le speranze del cristiano, perché gli ricorda la patria celeste, la vera Gerusalemme dalla quale siamo ancora esiliati. Per questo fin dall'antichità i sovrani Pontefici pensarono di sceglierla per l'odierna Stazione. Fino all'epoca della residenza dei Papi in Avignone veniva benedetta fra le sue mura la rosa d'oro, cerimonia che ai nostri giorni ha luogo nel palazzo dove il Papa ha la sua attuale residenza.

La benedizione della Rosa è dunque ancora oggi uno dei particolari riti della quarta Domenica di Quaresima, per la quale ragione viene anche chiamata la Domenica della Rosa. I graziosi pensieri che ispira questo fiore sono in armonia coi sentimenti che oggi la Chiesa vuole infondere nei suoi figli, ai quali la gioiosa Pasqua presto aprirà una primavera spirituale, in confronto della quale la primavera della natura non è che una pallida idea. Anche questa istituzione risale ai secoli più lontani. La fondò san Leone IX, nel 1049, nell'abbazia di S. Croce di Woffenheim; e ci resta un sermone sulla Rosa d'oro, che Innocenzo III pronunciò quel giorno nella Basilica di S. Croce in Gerusalemme (PL 217, 393). Nel Medio Evo, quando il Papa risiedeva ancora al Laterano, dopo aver benedetta la Rosa, seguiva in corteo tutto il sacro Collegio, verso la chiesa della Stazione, portando in testa la mitra e in mano questo fiore simbolico. Giunto nella Basilica, pronunciava un discorso sui misteri rappresentati dalla Rosa per la sua bellezza, il suo colore e il suo profumo. Quindi si celebrava la Messa; terminata la quale, i1 Pontefice ritornava al palazzo Lateranense, attraversando la pianura che separa le due Basiliche, sempre con la Rosa in mano. Arrivato alla soglia del palazzo, se nel corteo era presente un principe, toccava lui reggere la staffa ed aiutare il pontefice a smontare dal cavallo; in ricompensa della sua cortesia riceveva la Rosa, oggetto di tanto onore.

Ai nostri giorni la funzione non è più così imponente; ma ne ha conservati tutti i principali riti. Il Papa benedice la Rosa d'oro nella Sala dei Paramenti, la unge col sacro Crisma e sopra vi spande una polvere profumata, conforme il rito d'un tempo; e quando arriva il momento della Messa solenne, entra nella Cappella del palazzo, tenendo il fiore fra le mani. Durante il santo Sacrificio la rosa viene posta sull'altare e fissata sopra un rosaio d'oro fatto a questo scopo; finalmente, terminata la Messa, la si porta al Pontefice, il quale all'uscire dalla Cappella la tiene sempre fra le mani fino alla Sala dei Paramenti. Molto spesso il Papa suole inviare la Rosa a qualche principe o principessa che intende onorare; altre volte è una città oppure una Chiesa che vien fatta oggetto di una tale distinzione.

Daremo qui la traduzione della bella preghiera con la quale il sovrano Pontefice benedice la Rosa d'oro: essa aiuterà i nostri lettori a meglio penetrare il mistero di questa cerimonia, che aggiunge tanto splendore alla quarta Domenica di Quaresima: "O Dio, che tutto hai creato con la tua parola e la tua potenza, e che ogni cosa governi con la tua volontà, tu che sei la gioia e l'allegrezza di tutti i fedeli; supplichiamo la tua maestà a voler benedire e santificare questa Rosa dall'aspetto e dal profumo così gradevoli, che noi dobbiamo oggi portare fra le mani, in segno di gioia spirituale: affinché il popolo a te consacrato, strappato al giogo della schiavitù di Babilonia con la grazia del tuo Figliolo unigenito, gloria ed allegrezza d'Israele, esprima con sincero cuore le gioie della Gerusalemme di lassù, nostra madre. E come la tua Chiesa, alla vista di questo simbolo, sussulta di felicità per la gloria del Nome tuo, concedigli, o Signore, un appagamento vero e perfetto. Gradisci la sua devozione, rimetti i suoi peccati, aumentane la fede; abbatti i suoi ostacoli ed accordagli ogni bene: affinché la medesima Chiesa ti offra il frutto delle sue buone opere, camminando dietro ai profumi di questo Fiore, il quale, uscito dalla pianta di Gesse, è misticamente chiamato il fiore dei campi e il giglio delle convalli; e ch'esso meriti di godere un giorno la gioia senza fine in seno alla celeste gloria, in compagnia di tutti i Santi, col Fiore divino che vive e regna teco, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen". 

Veniamo ora a parlare d'un altro appellativo che si dà alla quarta Domenica di Quaresima, e che si riferisce alla lettura delmoltiplicazione_pani Vangelo che la Chiesa oggi ci presenta. Questa Domenica infatti, in parecchi antichi documenti, è indicata col nome di Domenica dei cinque pani; il miracolo ricordato da questo titolo, mentre completa il ciclo delle istruzioni quaresimali, aumenta anche la gioia di questo giorno. Dimentichiamo per un istante la Passione imminente del Figlio di Dio, per occuparci del più grande dei suoi benefici: perché sotto la figura di questi pani materiali moltiplicati dalla potenza di Gesù. La nostra fede scopra quel "pane di vita disceso dal cielo che dà al mondo la vita" (Gv 6,33). La Pasqua s'avvicina, dice il Vangelo, e fra pochi giorni lo stesso Salvatore ci dirà: "Ho desiderato ardentemente di mangiare con voi questa Pasqua" (Lc 22,15). Prima di lasciare questo mondo per il Padre, egli vuole sfamare la folla che segue i suoi passi, e per questo si appella a tutta la sua potenza. Con ragione voi rimanete ammirati davanti a questo potere creatore, cui bastano cinque pani e due pesci per dar da mangiare a cinque mila uomini, così che dopo il pasto ne avanza da riempire dodici sporte. Un sì strepitoso prodigio basta senza dubbio a dimostrare la missione di Gesù; ma voi vi vedete solo un saggio della sua potenza, solo una figura di ciò che sta per fare, non una o due volte solamente, ma tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli; e non in favore di cinque mila persone, ma di una moltitudine innumerevole di fedeli. Contate sulla faccia della terra i milioni di cristiani che prenderanno posto al banchetto pasquale; colui che abbiamo visto nascere in Betlemme, la Casa del pane, sta per dare se stesso in loro alimento; e questo cibo divino mai si esaurirà. Sarete saziati come furono saziati i vostri padri; e le generazioni che verranno dopo di voi saranno, come voi, chiamate a "gustare e a vedere quanto è soave il Signore" (Sal 33,9).

È nel deserto che Gesù sfama questi uomini, figura dei cristiani. Tutto un popolo ha lasciato il chiasso della città per seguirlo; bramando d'udire la sua parola, non ha temuto né la fame, né la stanchezza; ed il suo coraggio è stato ricompensato. Similmente il Signore coronerà le fatiche del nostro digiuno e della nostra astinenza al termine di questo periodo, di cui abbiamo già passato la metà. Rallegriamoci, dunque, e passiamo questa giornata confidando nel prossimo nostro arrivo alla mèta. Sta per arrivare il momento in cui l'anima nostra, saziata di Dio, non si lamenterà più delle fatiche del corpo; perché, insieme alla compunzione del cuore, queste le avranno meritato un posto d'onore nell'immortale banchetto.La Chiesa primitiva non mancava di presentare ai fedeli il miracolo della moltiplicazione dei pani come l'emblema dell'inesauribile alimento eucaristico: ed anche nelle pitture delle Catacombe e sui bassorilievi degli antichi sarcofaghi cristiani lo si riscontra frequentemente. I pesci dati a mangiare insieme ai pani, pure apparivano in questi antichi monumenti della nostra fede, essendo soliti i primi cristiani figurare Gesù Cristo sotto il simbolo del Pesce, perché in greco la parola Pesce è formata di cinque lettere, ognuna delle quali è la prima delle parole: Gesù CristoFiglio di DioSalvatore.

Tratto da: dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico, t. I, Avvento - Natale - Quaresima - Passione

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